Il Governo e il Piano Mattei: “alla canna del gas” di regimi autoritari

Nonostante le proteste e le manifestazioni di giovani, associazioni e collettivi che chiedono una drastica inversione di rotta sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici, con lo strombazzato “Piano Mattei” l’attuale governo italiano ha deciso di andare nella direzione diametralmente opposta. Non è certo una novità. Da chi si definisce ancora fascista o non ha tagliato completamente i ponti con la più grande vergogna italiana del Novecento, non ci si può certo aspettare una visione avanzata e coerente con le grandi emergenze ambientali e politiche contemporanee.

Giorgia Meloni ha rilanciato nelle settimane scorse l’idea di far diventare l’Italia un hub energetico per l’intera Europa attraverso un non meglio precisato Piano Mattei per l’Africa e il Mediterraneo. Una dichiarazione ad effetto che è stata prontamente raccolta da gran parte dei media italiani. Tutti a diffondere la notizia. Pochi a riflettere sui contenuti della stessa. Forse perché di contenuti non ve ne erano affatto. È la solita scatola vuota che serve a distrarre, a riempire talk show di parole e litigi che fanno audience. Argomento fragile per un dibattito sterile, se non per un aspetto sul quale vogliamo provare a riflettere. Si tratta del progetto di energia nucleare da fusione “in modo da avere così una fonte di energia pulita e illimitata” (parole della Presidente del Consiglio), anche se allo stato attuale si tratta solo di una ipotesi di ricerca sperimentale che ha tempi di ricadute concrete stimate in 30–40 anni. Per i relativi costi economici ed ecologici si vedrà dopo, forse. Parliamo di un’idea che, alla luce degli scenari emersi con il nuovo conflitto nella striscia di Gaza e con il perdurare della guerra tra Russia e Ucraina, potrebbe avere effetti devastanti e irreversibili per la nostra economia, prima ancora che per il clima del pianeta.

Evidenziamo intanto l’aspetto meramente propagandistico dell’annuncio e poi entriamo nel dettaglio di quella che a tutti gli effetti è una “non scelta” di governo del problema.

In funzione propagandistica sono stati tutt’altro che casuali le scelte del giorno, del luogo e dell’accostamento ideale che Meloni ha usato per rilanciare una proposta già presentata fumosamente a febbraio di quest’anno, in occasione della firma tra l’Eni la Compagnia petrolifera nazionale libica dell’accordo da 8 miliardi di dollari per lo sviluppo di due giacimenti di gas individuati al largo delle coste della Libia; inclusa la realizzazione di un impianto di stoccaggio dell’anidride carbonica nel sito di Mellitah, la cui titolarità non a caso è in mano ad una società di diritto olandese. Ne riparliamo più avanti.

Per il secondo annuncio invece il luogo prescelto è stato l’ex Gazometro di Roma, quartiere Ostiense, con un videomessaggio proiettato durante la ricorrenza del 70° anniversario della costituzione dell’Eni stessa, alla cui guida era stato indicato a suo tempo Enrico Mattei. Un ex partigiano che aveva partecipato alla guerra di Liberazione dal fascismo e che per primo aveva messo in …

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.