Guerra su Gaza, il diritto internazionale e le bombe Made in Italy

Più di 8.000 palestinesi uccisi al momento in cui scriviamo, tra cui oltre 3.000 bambini, ospedali al collasso, un milione e mezzo di sfollati; totale carenza di ogni bene di prima necessità. Dopo tre settimane di incessanti bombardamenti israeliani, nella Striscia di Gaza la situazione è drammatica. Le Nazioni Unite e le organizzazioni per i diritti umani denunciano gravi violazioni del diritto internazionale e chiedono un cessate il fuoco, a cui invece l’Unione Europea e il nostro governo si oppongono. Mentre continuano a permettere l’esportazione di armi verso Israele.

Secondo le dichiarazioni di numerose organizzazioni non-governative, in queste settimane di bombardamenti su Gaza Israele avrebbe compiuto gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, e addirittura crimini di guerra. Il diritto internazionale umanitario, che si basa principalmente sulla Convenzione di Ginevra e sullo Statuto di Roma, è l’insieme delle norme internazionali volte a limitare gli effetti dei conflitti armati. I principi fondamentali del diritto internazionale sono la distinzione tra militari e civili e la proporzionalità: lanciare attacchi indiscriminati che colpiscono i civili costituisce un crimine di guerra, così come lanciare intenzionalmente attacchi sproporzionati in cui i previsti danni ai civili siano “manifestamente eccessivi rispetto all’insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti”. Allo stesso modo, attaccare le infrastrutture civili, i luoghi di culto, le scuole, gli ospedali civili in modo intenzionale o intenzionalmente sproporzionato costituisce un crimine di guerra.

Un’indagine di Amnesty International pubblicata pochi giorni fa sulla situazione di Gaza ha concluso che, nei casi documentati, Israele ha violato il diritto internazionale umanitario “non prendendo le fattibili precauzioni per risparmiare vite civili, portando a termine attacchi indiscriminati che non hanno fatto distinzione tra obiettivi civili e obiettivi militari o compiendo attacchi che possono essere stati diretti contro obiettivi civili”. Gli attacchi aerei israeliani non hanno infatti risparmiato scuole, ospedali, chiese e moschee, e hanno distrutto interi quartieri residenziali: secondo l’ONU, il 45 % degli edifici residenziali della Striscia è già stato distrutto o danneggiato. Human Rights Watch ha inoltre denunciato l’uso di bombe al fosforo bianco, armi particolarmente distruttive; “l’uso del fosforo bianco a Gaza…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.