L’irrequietezza dell’artista: gli 80 anni di Joni Mitchell

Sulle scene da oltre mezzo secolo, è una delle voci simbolo della storia della musica contemporanea. Mai contenta di sé stessa, inquieta, vivace, ha sperimentato in ogni genere imprimendo sempre un segno di autentica individualità; una delle migliori che con tutti i migliori ha collaborato. I suoi ottant’anni sono una festa per chiunque ami la musica.
joni mitchell

Ha compiuto 80 anni il 7 novembre Roberta Joan Anderson (Joni Mitchell), una voce e un talento artistico che attraversano oltre mezzo secolo di musica senza frontiere.

Nasce a Toronto nel 1943 e ad appena vent’anni sgomita per esibirsi nei locali della sua città. Sono anni di frequentazioni non da poco, tra gli altri quella con Neil Young e Leonard Cohen. Nel 1965 sposa Chuck Mitchell, con cui si trasferisce a Detroit. I due si esibiscono in un sodalizio che si afferma tra i più popolari della scena folk della metropoli dell’auto, ma il loro rapporto dura poco e nel ’67 Joni si trasferisce a New York, alla ricerca di nuove esperienze. Scrive pezzi che diventano hit ma il successo, quello autentico per quella voce seducente ed appassionata, la timbrica ispiratissima, arriva quando incontra David Crosby. È proprio l’ex Byrds che induce la Reprise Records a farle registrare un album acustico da solista, Song to a Seagull. È la svolta e Joni  diventa una star, la critica si accorge di lei, il pubblico pure. È tempo di Los Angeles, dove conosce anche Graham Nash.

Non va a Woodstock, anche se il festival dell’amore e della pace era così tanto nelle sue corde da farle scrivere una canzone che rappresenterà l’evento come se ne fosse stata protagonista assoluta. Diventa un’icona del movimento hippie, ma quel successo pare relegarla ad un ambito troppo asfittico, una categoria rigida che non le appartiene. Continua a sfornare dischi, a venderne, i concerti sono sold-out ma, dice, “ero isolata e cominciavo a sentirmi come un uccellino in una gabbia dorata. Non avevo occasione di incontrare le persone. Il successo può emarginarti in tante maniere”.

Viaggia molto, anche in Europa, e collabora con James Taylor per un pezzo leggendario come You’ve Got a Friend. Ma soprattutto pubblica Blue, un punto fermo nella sua carriera, dove confessa emozioni, si apre ad esperienze altre. Le atmosfere non sono lontane da quelle folk consuete, ma è l’approccio ad essere completamente diverso. Blue è un album intimo, senza alcun cedimento alle precedenti atmosfere collettiviste. Per certi aspetti un salto nel buio ma che sorprende positivamente tutti, critica e pubblico. Più radicale è la svolta con For the Roses, del 1972. Alla sua chitarra, a certe atmosfere tipiche del suo sound di sempre si aggiungono trovate orchestrali che rendono il disco assai più commerciale, più pop. Il cambiamento la soddisfa: le note del disco, quegli accordi, lo raccontano senza troppi infingimenti. Joni non sta più stretta nella sua musica, capisce di poter andare dove le pare. Quel “dove le pare” è il suo quinto album, Court and Spark. Il …

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.