Come il razzismo istituzionale devasta la salute mentale dei migranti

L’esperienza migratoria mette a dura prova la salute mentale di chi la vive: un migrante forzato su tre è stato vittima di tortura e, per questo stesso fatto, soffre di instabilità psichica. Nonostante nel nostro Paese viga un razzismo istituzionale di fatto che nega questa realtà perché ai migranti forzati nega l’umanità stessa, vi sono centri che si occupano di assisterli riguardo questo aspetto fondamentale.

Chi migra forzatamente lo fa a causa di un passato traumatico che include l’esposizione a violenza correlata a guerra, aggressione sessuale, tortura, incarcerazione e genocidio. Il suo inserimento nel contesto del Paese di approdo è, dunque, pesantemente condizionato dall’esistenza o meno di percorsi di inclusione e sviluppo: in Italia, fattori legali e burocratici (status di irregolarità o assenza di regolare documentazione sanitaria) e fattori socio-culturali (barriere linguistiche, disagio economico e presenza di discriminazioni) ostacolano, di fatto, l’accesso ai servizi socio-sanitari. Tutto questo incide sulla già compromessa vulnerabilità fisica, mentale e sociale delle persone migranti: evidenze basate sui dati raccolti dalla letteratura scientifica, infatti, dimostrano che politiche migratorie restrittive hanno effetti negativi sulla salute di chi migra, in particolare sulla salute mentale e sul limitato utilizzo dei servizi sanitari e assistenziali.

Nel nostro Paese il decreto legge 20/2023, il cosiddetto Decreto Cutro, convertito in legge il 5 maggio 2023, sancisce di fatto un ulteriore irrigidimento delle politiche migratorie nazionali: nell’articolo 7 abroga il terzo e quarto periodo del Testo unico sull’immigrazione che consentiva il riconoscimento della protezione speciale alle persone che in Italia avevano costruito una vita privata e familiare.

Negli ultimi anni, la protezione speciale – in precedenza definita “umanitaria” – non ha avuto vita facile in Italia: era già stata abolita dal governo Conte I, nel 2018, con Matteo Salvini Ministro degli Interni. Sottoposta ai rilievi critici del Quirinale, la misura era stata reintrodotta nella versione finora vigente dal governo Conte II, con Luciana Lamorgese a capo degli Interni. Fino alla tragedia sulle coste calabresi di quest’anno, nella quale sono morti oltre cento migranti e in seguito alla quale sono state emanate le “Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione” (Decreto Cutro). La protezione speciale è la forma più debole, ma anche più flessibile e inclusiva (le altre due, in attuazione di regolamentazioni dell’Unione Europea, sono la protezione internazionale e quella sussidiaria) di …

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.