Nucleare di quarta generazione: il giorno della marmotta dell’ultima spiaggia

Con il governo Meloni si è tornato a parlare di nucleare civile. La sensazione è che lo si faccia per ragioni ideologiche e interessi economici e non sulla base di considerazioni tecniche. Queste infatti ci dicono che, nonostante le centrali di quarta generazione saranno certamente "più" sicure di quelle precedenti, l’errore umano o l’evento inaspettato sono sempre possibili e, trattandosi di energia nucleare, una prima volta basta e avanza per avere conseguenze disastrose.

“Voglio la prima centrale a Milano, via ai cantieri nel 2024”, “Ho chiesto ai tecnici del mio ministero. Se partiamo nel 2024, nel 2032 possiamo accendere il primo interruttore di una centrale nucleare”. Queste le parole pronunciate dal ministro italiano delle Infrastrutture il 13 ottobre scorso durante un convegno sull’energia nucleare. Più cauta – e scaltra – la presidente del consiglio dei Ministri durante la COP28 (acronimo del 28° incontro tra i membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), il summit che dovrebbe coordinare le politiche mondiali per ridurre le emissioni di anidride carbonica: “Non sono certa che oggi ricominciando da capo l’Italia non si troverebbe indietro, ma se ci sono evidenze che si possa avere un risultato positivo sono disposta a parlarne”. Lei magari non sarà molto convinta, ma nel frattempo – come riportato da Il sole 24 ore – i ministeri di Sicurezza energetica e Ambiente stanno valutando un dossier proposto dai gruppi industriali storicamente legati all’atomo in Italia, Edison e Ansaldo. Insomma, avete capito, Mamma mia! Here we go again. Nonostante la scomparsa di Berlusconi tra Ponte sullo stretto, condoni fiscali e ritorno al nucleare sembra che niente sia cambiato nei cavalli di battaglia della destra italiana negli ultimi venti anni.

Nel 2011 in Italia un referendum aveva inequivocabilmente detto no alla ripresa del nucleare civile in Italia e dunque quali novità sussistono per rimettere in discussione quanto deciso dai cittadini solo tredici anni fa? 

A livello di comunicazione l’industria dell’atomo in questo periodo ha ben lavorato, attendendo che la marea emotiva dell’incidente di Fukushima calasse per poi lentamente rialzare la testa, impostando una nuova retorica basata sulla sicurezza delle centrali di quarta generazione e riciclandosi come tecnologia a impatto zero di anidride carbonica, tassello fondamentale della politica energetica per limitare l’aumento della temperatura a meno di +2°C rispetto alle media preindustriale. 

Come dimostrano recenti sondaggi, in Australia e negli Stati Uniti la simpatia dell’opinione pubblica per la costruzione di nuove centrali nucleari è effettivamente in crescita. Il risultato negli Stati Uniti è particolarmente significativo perché vede il 46% degli elettori democratici, storicamente contrari a questa tecno…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.