Cop 28, la cronaca tra colpi di scena, conflitti di interesse e risultati deludenti

Si è conclusa a Dubai la Cop 28, svoltasi tra colpi di scena e scoop giornalistici. Per la prima volta i combustibili fossili sono stati menzionati quali causa della crisi climatica, un fatto presentato come storico ma che testimonia solo una tardiva ammissione dell’ovvio. Nel documento si fa riferimento alla necessità della transizione ecologica ma non si spiega come vada fatta; uno dei combustibili eletti per realizzarla inoltre è il gas, presentato come soluzione di un problema di cui invece è causa.

Era difficile immaginare che i combustibili fossili sarebbero stati riconosciuti, per la prima volta in un documento ufficiale, come causa della crisi climatica proprio alla Cop ospitata da un petrostato. Ma forse è stato proprio questo intrinseco conflitto di interessi ad accendere le coscienze della società civile e in particolare di alcuni organi di stampa, che con le loro rivelazioni hanno cambiato il corso della 28esima conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite.

Un colpo di scena iniziale e un colpo di scena finale hanno contraddistinto lo svolgimento della Cop 28 di Dubai, assieme a tre scoop giornalistici che hanno contribuito a un esito definito storico da alcuni, ancora deludente da altri. Ripercorriamola partendo dal principio.

Ogni anno, dal 1995, la Cop viene ospitata da un Paese diverso e la scelta di assegnare quella del 2023 agli Emirati Arabi Uniti aveva sollevato molte contestazioni, tanto che l’attivista Greta Thunberg aveva dichiarato con largo anticipo che non sarebbe andata a Dubai.

Le due settimane di negoziati, iniziati il 30 novembre, sono servite a delegati di governi, aziende e organizzazioni a lavorare alla stesura di una serie di documenti che mettono nero su bianco gli impegni che tutti gli Stati sono disposti a mettere in campo per contrastare l’aumento del riscaldamento globale. L’accordo di Parigi, firmato alla Cop 21 del 2015 da 195 Paesi membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), prevede che la temperatura del pianeta non debba andare oltre i 2°C, possibilmente 1,5°C, rispetto a quella dell’era pre-industriale, quando ancora non bruciavamo enormi quantità petrolio, gas e carbone.

Era previsto che i lavori dovessero finire il 12 dicembre, ma, come già accaduto in tante altre Cop, mettere d’accordo quasi 200 Paesi con economie e culture che rappresentano la quasi totalità della diversità umana non è cosa semplice. La più lunga di sempre è stata la Cop 25,…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.