Primi segnali di cambiamento?
Qualcosa sta cambiando nel mondo del diritto del lavoro.
Dopo oltre un ventennio di “controriforme” legislative ispirate dal dogma della “flessibilità” e della “moderazione salariale”, diligentemente applicate dalla magistratura del lavoro nella sua funzione di Bois de Lois, alcune potenti scosse si registrano sul terreno giuridico, solo all’apparenza saldo e immutabile.
Lo sconfortante panorama di un deserto fatto di lavoro povero e di precarietà, unito al naturale sentimento di indignazione[1] per il totale disfacimento della civiltà dei diritti faticosamente costruita nei trent’anni gloriosi del dopoguerra, sembra aver influenzato anche una buona parte della magistratura del lavoro che, sotto l’egida del principio di effettività (ovverosia dell’effettiva applicazione dei diritti fondamentali derivanti dall’ordinamento costituzionale, europeo e internazionale), sta di fatto letteralmente “picconando” le colonne portanti del molochneoliberista.
Prima di analizzare i caratteri di questo recentissimo fenomeno, è il caso di portare indietro le lancette, ai tempi in cui il neoliberismo imponeva con il tallone di ferro il proprio dominio.
- Dominio
Abbiamo parlato di dominio non a caso, volendo riprendere in questo modo la felice espressione utilizzata,[2] alcuni anni orsono, per definire il carattere dell’apparato ideologico alla base di quell’autentica “rivoluzione restauratrice” introdotta a partire dalla fine degli anni Settanta dal neoliberalismo.
Attraverso una vera e propria contro-intellighèntsia, l’ideologia imperante nel passaggio dal “secolo breve” al nuovo millennio ha creato un apparato fatto di fondazioni, associazioni, università, riviste, giornali, televisioni e siti Internet che hanno rapidamente conquistato, manu militari, il potere ideologico a livello globale, creando un pensiero unico basato su pochi concetti-chiave tanto illusori quanto persuasivi.
In primo luogo, tutto è capitale, in quanto dotazione materiale o immateriale di proprietà…