Giacomo Matteotti: i brogli delle elezioni e l’affare Sinclair Oil

L’assassinio di Giacomo Matteotti non è da ricondurre solo alla sua denuncia dei brogli elettorali e del clima di violenza in cui si erano svolte le elezioni. Accuse, queste, a cui Mussolini era abituato e riguardo le quali in fondo non aveva granché da temere. Più che quello che aveva detto infatti potrebbe essergli risultato fatale quello che avrebbe potuto dire, denunciando l’affare Sinlcair Oil nella seduta del parlamento prevista per il giorno successivo al suo assassinio: un regime che magnificava la difesa degli interessi nazionali li aveva infatti svenduti a Paesi stranieri in cambio di tangenti. Tesi, questa, sostenuta dallo storico Mauro Canali nel suo libro “Il delitto Matteotti”.

Io il mio discorso l’ho fatto.

Ora voi preparate il discorso funebre per me.

Il 30 maggio 1924 Giacomo Matteotti denunciò, in un clima di disordine volutamente creato dai fascisti, che urlavano nel tentativo di disturbarne il discorso, le numerose illegalità e le violenze che avevano accompagnato le elezioni, chiedendone l’annullamento. La sua proposta cadde nel vuoto e si spense in quella solitudine che ne aveva spesso segnato la vicenda umana, benché, da politico lucido qual era, secondo Renzo De Felice non pensava di poter avere successo quanto essenzialmente di stimolare un’opposizione più dura e aggressiva verso il fascismo:[1] 57 furono i voti favorevoli, 285 quelli contrari. Meno di due settimane dopo, il 10 giugno, Matteotti veniva rapito e ucciso: solo allora le coscienze sembrarono finalmente sollevarsi in una protesta che avrebbe attraversato il Paese e il Parlamento, con quella secessione aventiniana sicuramente nobile, di alto significato morale, ma inefficace dal punto di vista politico; anzi addirittura tragica, perché, rinunciando a dare battaglia, gli oppositori lasciarono che Mussolini, non incalzato parlamentarmente, potesse continuare indisturbato il suo processo involutivo fino al discorso del 3 gennaio 1925, con cui, in una Camera ormai del tutto inoffensiva, si assunse la responsabilità morale, storica e politica di quanto avvenuto. In tal senso il delitto del deputato di Fratta Polesine segna lo spartiacque tra un fascismo ancora parlamentare e l’inizio della dittatura totalitaria. Di lì a poco le leggi fascistissime avrebbero tristemente segnato la fine di ogni speranza democratica.

Conosciamo bene il testo del discorso del 30 maggio 1924, con la denuncia dei brogli e la richiesta di invalidazione delle elezioni del 6 aprile, svoltesi in un clima di violenze e di intimidazioni che il deputato, con la fermezza scarna, secca ma incisiva, che non concedeva nulla alla retorica per cui risaltava ancor di più il rigore della documentazione, riferisce in maniera dettagliata e precisa. D’altro canto aveva subito lui stesso violenza già nel gennaio 1921, quando era stato aggredito e insultato a Ferrara, nell’assoluta ignavia delle forze dell’ordine che non erano intervenute.

Pochi giorni prima della sua morte, quindi, in quell’occasione, nel ritornare su illegalità e soprusi, ricorderà come la violenza fosse connaturata al fascismo, la cui matrice era nello squadrismo di chi picchiava, umiliava, uccideva gli oppositori. Il suo delitto, non il primo di un militante – pensiamo ad Antonio Piccinini, candid…

Interviste matrioska, i “grandi vecchi” che hanno fatto la storia

Pubblichiamo un estratto dal libro di Ennio Cavalli “Ci dice tutto il nostro Inviato – Un secolo di rivolgimenti e altre minuzie”, edito da Rubbettino editore. Incontri e cronache a cavallo fra il passato e il futuro, “interviste matrioska” con grandi personalità che hanno segnato la storia, dalla penna di un “poeta con i piedi per terra” come lo ha definito Luciano Canfora, che del libro ha curato la prefazione.

Francia: un risveglio di popolo può fermare i prestigiatori del potere

Il presidente prestigiatore che incantava il pubblico con i suoi trucchi ha perso il tocco: Macron in Francia voleva ritrovare margini di manovra per completare il suo mandato quinquennale, ma dal cappello non è uscito l’atteso coniglio, bensì il caos a destra e una potente forza a sinistra, che potrebbe riservarci sorprese.

Gli inganni 
di Foucault

Nel quarantennale della morte di Michel Foucault, lo ricordiamo con l’estratto di un saggio/lettera pubblicato nel numero 8/2020 di MicroMega, che dedicammo al concetto di biopolitica, a chiusura del primo anno di pandemia da Covid-19. La pandemia aveva infatti riportato alla ribalta tale pilastro del pensiero filosofico di Michel Foucault, di enorme successo negli ultimi decenni, specie in alcuni ambienti del pensiero filosofico-politico di sinistra. In una lettera a Roberto Esposito, a tutti gli effetti il principale esponente della biopolitica in Italia, il direttore di MicroMega Paolo Flores d’Arcais si lanciava in una rigorosa e appassionata invettiva contro quello che in definitiva, per lui, non è che contraddizione e vuoto filosofico. Foucault, secondo d’Arcais, aveva promesso ipotesi verificabili e confutabili, le ha invece sostituite con ipostasi che del significato di quei fatti diventano matrice e demiurgo. La sua bestia nera finisce per essere l’impegno riformatore, anche il più radicale.