Il Civil Rights Act compie sessant’anni: breve storia di un secolo di lotte

Il 2 luglio 1964 il presidente Lyndon B. Johnson firmava la legge che rendeva illegale la segregazione negli Stati Uniti. Ricordare questo evento non può che tradursi nel ripercorrere la storia del movimento per i diritti civili: dai tanti personaggi di spicco – come Martin Luther King, Rosa Parks, Angela Davis – alle persone i cui nomi sono rimasti nell’ombra ma il cui contributo è stato cruciale.

Il 2 luglio ricorrono i sessant’anni dalla promulgazione del Civil Rights Act, legge che mise al bando negli Stati Uniti le discriminazioni sulla base di «razza, colore, religione, sesso od origine nazionale», abolendo la segregazione razziale. Per raccontare quell’evento di portata storica si potrebbero prendere le mosse da quel discorso radiotelevisivo dell’11 giugno 1963 in cui il presidente John F. Kennedy esortò la nazione ad agire per garantire la parità di trattamento a ogni cittadino statunitense, senza alcuna discriminazione. Ma partire da quel discorso, che pure costituisce un tassello fondamentale del processo che avrebbe condotto, un anno più tardi e dopo la morte di Kennedy, all’approvazione del Civil Rights Act, significa scegliere di raccontare questa storia dall’“alto” e dalla fine (se di fine si può parlare rispetto a una battaglia che è ancora lungi dall’essere conclusa). E invece questa storia, che è di fatto la storia del movimento per i diritti civili, va raccontata dall’inizio. E dal “basso”. Per fare memoria di quello che è stato un movimento che ha visto tanti personaggi di spicco – come Martin Luther King, Rosa Parks, Angela Davis – e tante persone i cui nomi sono rimasti nell’ombra ma il cui contributo è stato cruciale per l’approvazione della più importante legislazione sui diritti civili dai tempi della Ricostruzione (1865-1877).

Alle origini del movimento per i diritti civili

Se è vero che il movimento per i diritti civili acquisì forza e notorietà soprattutto a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, non va dimenticato che esso affonda le sue radici nelle lotte degli africani ridotti in schiavitù e dei loro discendenti.

Riavvolgiamo allora il nastro della storia e torniamo al periodo successivo alla fine della guerra civile, quando tre emendamenti costituzionali intervennero abolendo la schiavitù (XIII emendamento, 1865), rendendo cittadini gli ex schiavi (XIV emendamento, 1868) e riconoscendo il suffragio maschile, indipendentemente dalla razza (XV emendamento, 1870).

La società nuova che avrebbe dovuto sorgere non vedrà però la luce. Come spiega la ricercatrice Marie Moïse, la messa al bando della schiavitù, «in concomitanza con l’affermarsi del sistema di produzione capitalistico, portò a una ristrutturazione profonda dell’economia di piantagione, a cui è intrecciata la formulazion…

Marie Curie, donna e scienziata tra impegno e libertà

Novant’anni fa moriva Marie Curie, la più importante scienziata del Novecento. Nata in Polonia come Maria Salomea Skłodowska, assunse il nome di Marie Curie in seguito al suo trasferimento in Francia e al matrimonio con Pierre Curie, con cui condivise una straordinaria avventura umana e scientifica. Prima donna ad aver insegnato alla Sorbona e due volte premio Nobel, ha vissuto la sua vita con la convinzione dell’importanza della cultura quale fattore di miglioramento dell’individuo e della società.

Enrico Berlinguer, conoscerne il pensiero oltre il mito depoliticizzato

Il santino propagandato da media mainstream e conosciuto dalle nuove generazioni è un Enrico Berlinguer dimezzato: ricordato per la sua capacità di creare empatia e connessione sentimentale con un “popolo della sinistra” oramai sempre più rarefatto, ma sostanzialmente depoliticizzato perché espunto da quella tradizione comunista alla quale Berlinguer si rifece, in modo innovativo e creativo, per tutta la sua esistenza, convinto che andasse cercata una via nuova al socialismo e al superamento dell’oppressione capitalistica sull’umanità e sul Pianeta.

Lula, tutte le ombre del suo terzo mandato

Lula ricopre per la terza volta la carica di presidente del Brasile. In questa occasione però l’assenza della maggioranza al Congresso gli impone di dialogare con le forze più conservatrici del paese. Ma finora Lula non ha negoziato con esse, dimostrandosi piuttosto alla loro mercé. A farne le spese donne, classi lavoratrici, indigeni e ambiente.