Radici: le storie di Abdoulaye e Hermann / Prima puntata (PODCAST)

Il flusso migratorio che dalle coste africane raggiunge il nostro Paese è un problema dalle mille sfaccettature che lascia sempre in sottofondo i protagonisti. Le voci di Abdoulaye e Hermann – in questa prima puntata del podcast “Radici” – raccontano storie di speranza e disperazione.

Li vediamo elemosinare qualche spicciolo fuori dai supermercati, pulire i marciapiedi abbandonati delle nostre metropoli, alcuni all’uscita di negozi a controllare che la merce sia stata pagata, ad altri è affidata la sicurezza all’interno di club e discoteche.

Sono i sopravvissuti al viaggio, come organi trapiantati in un corpo straniero che spesso li rigetta invece che accogliere. Piante sradicate che se curate possono far crescere nuove radici e fiorire altrove; per molti di loro questo altrove si chiama Italia.

È qui che hanno trovato casa i protagonisti di questo podcast: Abdoulaye, dal Senegal e Hermann, dal Camerun.

Storie di resilienza che in comune hanno solo due cose: speranza e disperazione. Sono le loro voci a raccontarci il viaggio e a farci capire che in fondo non siamo poi così diversi quando si tratta di vita e libertà.

Un podcast in cui si parla di traumi, di radici e di ritrovate appartenenze anche grazie al contributo della dottoressa Maria Barbara Massimilla, tra le fondatrici dell’Associazione Dun Onlus che da anni si impegna a offrire psicoterapia gratuita ai migranti, consapevoli che per raggiungere l’integrazione è indispensabile un dialogo e uno scambio affinché ci sia una vera trasformazione di tutti gli elementi in gioco.

Ascolta “Radici: le storie di Abdoulaye e Hermann / Prima puntata” su Spreaker.

FOTO DI VALERIO NICOLOSI

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.