L’intelligenza artificiale fra potenzialità e rischi. Uno sguardo laico

L’intelligenza artificiale condiziona sempre di più le nostre vite. Ma di cosa parliamo esattamente quando parliamo di IA? In che cosa potrà darci davvero una mano e a quali rischi ci espone? A chi spetta il controllo? Sul tema ci si divide spesso fra apocalittici e integrati. Quello che serve invece è uno sguardo laico.

Che cos’è l’intelligenza artificiale

La prima cosa che ci si domanda quando si parla di intelligenza artificiale è: che cos’è l’intelligenza? Non c’è una definizione universalmente riconosciuta da scienziati, filosofi e sociologi, ma possiamo identificare alcune caratteristiche dell’intelligenza: la capacità di apprendere, pianificare, ragionare, fare delle ipotesi, dimostrare determinate cose, vedere e riconoscere un oggetto in un’immagine, sentire e riconoscere le voci, capire il linguaggio naturale. E anche la creatività. Quello che si cerca di fare nell’intelligenza artificiale è costruire sistemi, programmi, robot che esibiscano una o più di queste caratteristiche dell’intelligenza. 

La seconda domanda che ci si pone quando si parla di costruire sistemi intelligenti è: come misuriamo questa intelligenza? Come facciamo a sapere se abbiamo realizzato un sistema intelligente oppure no? Il test che si utilizza per misurarlo è ancora quello ideato da Alan Turing nel 1950. Come mostrato nel film “The imitation game”, nel test c’è una persona che interroga, isolata in una stanza, e non sa se a rispondere è una macchina o un essere umano. Se dopo un certo periodo di tempo non riesce a capirlo, allora quella macchina esibisce un comportamento intelligente. 

La questione dell’imitazione del comportamento è dirimente. Una delle grandi classificazioni dell’intelligenza artificiale è proprio quella che divide i sistemi che imitano e i sistemi veramente intelligenti, ovvero l’intelligenza artificiale debole e quella forte. In molti cercano di costruire sistemi che imitino in qualche modo i comportamenti intelligenti, mentre gli psicologi cognitivi insieme agli ingegneri cercano di costruire sistemi che siano effettivamente intelligenti. 

La seconda grossa classificazione è quella che riguarda l’intelligenza artificiale ristretta e l’intelligenza artificiale generale. Come esseri umani abbiamo un’intelligenza umana generale. Siamo capaci di pianificare, ragionare, apprendere, parlare e comprendere il linguaggio, vedere e riconoscere gli oggetti. Riusciamo a fare tutto. Una macchina, invece, riesce a svolgere alcuni di questi compiti anche meglio degli esseri umani, ma ne fa una. 

Se mettiamo insieme una macchina bravissima a riconoscere immag…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.