Disoccupazione e sottodimensionamento del pubblico impiego

La grave carenza di lavoro che affligge il nostro Paese è l’esito a cascata di decenni di tagli alla Pubblica Amministrazione e alla spesa pubblica. Ma dove trovare i finanziamenti necessari a invertire la rotta? Un’imposta straordinaria sui patrimoni finanziari e una moneta fiscale parallela all’euro sono due possibili strade.

Disoccupazione. Come è ben noto, il nostro Paese è afflitto da gravi difficoltà occupazionali: a maggio 2021 i disoccupati erano il 10,5% contro il 7,3% medio nella Ue a 27 Paesi, davanti solo a Spagna e Grecia (Eurostat). Ed è soprattutto nelle ultime coorti di età che lo stacco con gli altri Paesi è accentuato: secondo il recente report Employment Outlook 2021fra i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni in Italia i disoccupati sono il 33,8% contro una media dei paesi OECD inferiore al 15%. Ancora più preoccupante il tasso di occupazione che secondo dati Eurostat nel nostro paese è inferiore al 60% a fronte del 75% di Regno Unito e Germania e il 67% della Francia.

E al problema non sfuggono i laureati. Nonostante il loro numero sia contenuto a causa della perdurante bassa scolarità italiana (sono solo il 28% della popolazione nella fascia d’età tra 25 e 34 anni, contro il 33% della Germania, il 48% della Francia e il 52% del Regno Unito), essi incontrano maggiori difficoltà che altrove a reperire un’occupazione: in quella stessa coorte di età, infatti, il tasso di disoccupazione dei laureati è pari al 12%, a fronte del 3% in Germania, del 6% in Francia e del 2% nel Regno Unito.

Occupati nell’industria. Tali differenze, stabile da molti anni, sembrano essere la spia di problemi indipendenti dalle oscillazioni del Pil e piuttosto dovuti a insufficienza strutturale della domanda di lavoro. Per cercare dove si annidi il problema, proverò allora a confrontare gli occupati in alcuni grandi comparti occupazionali italiani con quelli di altri Paesi europei, iniziando dall’industria. L’Italia è, sì, la settima potenza industriale del mondo, ma il suo sistema produttivo ha subìto diversi duri colpi e in molti ne lamentano il declino. Peraltro, le politiche di sostegno allo sviluppo industriale messe in atto dai governi, volte a incentivare la crescita dell’occupazione riducendone il costo, erano basate appunto sull’assunto implicito che essa fosse sottodimensionata. Sicuramente nell’ultimo mezzo secolo il nostro sistema industriale ha cambiato fisionomia, caratterizzandosi sempre più per la predominanza di imprese piccole e medie e l’arretramento progressivo di quelle grandi. I dati tuttavia mostrano che ancora oggi l’occupazione industriale (rapportata alla popolazione) si trova in un’ottima seconda posizione in Europa, dietro alla sola Germania, con netto vantaggio rispetto a Regno Unito, Spagna e Francia (tab.1). Non è dunque il comparto industriale il responsabile della grave carenza di lavoro.

Tab. 1 Addetti nei settori industriali e delle costruzioni, su 1.000 abitanti (2019)

Italia99,7
Germania134,9
Francia79,9
Spagna84,1
Regno Unito84,3

Fonte: elaborazione su dati Eurostat

Occupati nella Pubblica Amministrazione e servizi tipicamente pubblici[1]. Guardiamo allora alla situazione nei settori di produzione di “servizi pubblici”, in buona misura forniti direttamente dallo Stato, ma anche da imprese private. Qui, al contrario, in tutti i singoli comparti il numero degli addetti (sempre rapportato alla popolazione) è nettamente inferiore a quello degli altri Paesi europei (tab. 2) e alla media OECD (tab. 3), risultato evidente di d…

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La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

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