La sinistra con l’elmetto ha ucciso il pacifismo

La bandiera arcobaleno non sventola più. A sessant’anni dalla prima marcia Perugia-Assisi promossa da Aldo Capitini (24 settembre 1961), il movimento per la pace conosce una crisi senza precedenti. L’analisi di Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione Peacelink.

I missili Jupiter

Quando si tenne la prima marcia Perugia-Assisi, avevo tre anni. Di quel 1961 ricordo che abitavo a Taranto e, davanti a casa mia, c’era una famiglia di militari americani arrivati da poco. Marito, moglie e un bambino con i capelli biondi. Venivano dagli Stati Uniti per ragioni a noi ignote. Io cercavo di giocare con il bambino americano biondo. Aveva giocattoli molto più belli dei miei. Ma i suoi genitori non lo facevano uscire di casa. Un giorno lo picchiarono perché aveva giocato con me. Tanta severità non ce la sapevamo spiegare. Era come se avessero eretto un’inspiegabile cortina di silenzio e di riservatezza. Ma poi, quaranta anni dopo, fu tutto più chiaro. Vennero desecretati i documenti che spiegavano quella presenza di soldati americani a Taranto e in Puglia. Che facevano esattamente e perché erano venuti da noi? Erano arrivati dagli Stati Uniti per installare trenta missili Jupiter a testata nucleare in dieci basi segrete. Ognuno di quei missili aveva una potenza cento volte superiore a quella di Hiroshima. Quattro di quelle testate nucleari furono colpite in pieno da fulmini e due rischiarono di esplodere. Manca oggi dai libri di storia questo terribile dettaglio da cui è dipesa la mia vita e la vita di tante persone. Le postazioni di quei missili, smantellati dopo la crisi di Cuba, sono ancora visibili. Su PeaceLink ne abbiamo fatto la mappa con le coordinate satellitari perché sulle Google Maps è possibile ancora individuarne le tracce.

La marcia Perugia Assisi del 1961 e la mobilitazione degli intellettuali

Quei missili c’erano quando fu fatta la prima Marcia Perugia-Assisi nel 1961. Nell’Italia consapevole e progressista che partecipò a quella marcia si respirava un clima di lucida angoscia. Erano anni terribili. Un sottile e fragile filo collegava la vita delle persone alle grandi scelte delle superpotenze nucleari. Aldo Capitini, padre intellettuale e spirituale della nonviolenza in Italia, fu l’ideatore di una marcia di speranza. Il merito dell’iniziativa fu quello di dare inizio a un nuovo movimento pacifista, ideologicamente indipendente dalle superpotenze, diverso da quello dei “partigiani della pace” egemonizzato dai comunisti subito dopo la seconda guerra mondiale. Il 1961 fu quindi l’avvio del primo movimento pacifista del dopoguerra realmente autonomo e indipendente, capace di esprimere una cultura della pace e della speranza a cui contribuirono personalità come don Lorenzo Milani, Giorgio La Pira, Ernesto Balducci, Danilo Dolci. A fare da apripista era stato già don Primo Mazzolari. Quel movimento di i…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.