Se arrivano i robot della cura

La pandemia ha aumentato la domanda di assistenza e con essa è aumentata anche la domanda di “robot della cura”. Una tendenza che potrebbe avere gravi conseguenze per i lavoratori e le lavoratrici del settore, nonché rafforzare stereotipi razzisti e sessisti qualora non vengano considerati i pregiudizi della società incorporati negli algoritmi di intelligenza artificiale che ne sono alla base.

Al culmine della pandemia di Covid-19, Awakening Health Ltd. (AHL), una joint venture tra due società di robotica, SingularityNET(SNET) e Hanson Robotics, ha presentato Grace, il primo robot medico ad avere un aspetto umano realistico. Grace si occupa di medicina per acuti e per anziani coinvolgendo i pazienti in interazioni terapeutiche e stimolazioni cognitive nonché raccogliendo e gestendo i dati dei pazienti. Entro la fine del 2021, Hanson Robotics spera di essere in grado di produrre in serie per il mercato globale quest’ultima versione, Grace, del robot chiamato Sophia.

Sebbene sia il primo ad assomigliare così tanto a una persona, non è certo il primo robot medico: come Tommy, Yumi, Stevie, Ava e Moxi, fa parte di un gruppo sempre più ampio di robot caregivers che lavorano negli ospedali e nelle strutture di assistenza agli anziani nel mondo. Fanno di tutto, dall’assistenza ai pazienti allettati al controllo dello stoccaggio di forniture mediche, dall’accoglienza degli ospiti fino all’organizzazione di serate di karaoke per i pazienti in isolamento. Insieme, sono stati presentati come una soluzione ai nostri guai pandemici.

Negli ultimi due anni la vendita di robot di servizio professionali è aumentata del 32% (11,2 miliardi di dollari) in tutto il mondo; solo tra il 2018 e il 2019, la vendita di robot di assistenza per gli anziani è aumentata del 17% (91 milioni di dollari). La sfida senza precedenti posta dalla pandemia sotto il profilo della necessità di cure e servizi in sicurezza non ha fatto che aumentare il loro fascino. Ciò è dimostrato dalla maggiore dipendenza globale dai sistemi robotici per disinfettare le superfici, imporre l’uso di mascherine e il protocollo di distanziamento sociale, monitorare i segni vitali dei pazienti, consegnare forniture e generi alimentari, condurre tour virtuali e persino facilitare le cerimonie di consegna dei diplomi.

Ma questo aumento di interesse e investimenti nella robotica cosa significa per i lavoratori umani?

Se a breve termine è indubbio che i robot possano fornire un certo aiuto ai lavoratori umani riducendo al minimo la loro esposizione a situazioni pericolose è altre…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.