Tra astensionismo e politiche dal basso, un viaggio nei quartieri di Roma

Dalla periferia popolare di Tor Bella Monaca – dove alle ultime comunali il non voto ha toccato il 70% – al municipio di Montesacro – dove la sinistra sociale sperimenta politiche solidali – nella Capitale si percepisce ovunque una grande distanza tra la politica istituzionale e i cittadini.

Roma: 4 posti di blocco in meno di un chilometro, ragazzi giovanissimi che freneticamente parlano al telefono lungo la strada, altri che dalle finestre urlano e indicano una volante che si avvicina, tossicodipendenti che si allontanano a passo veloce mentre alcuni carabinieri entrano in uno dei palazzi riconvertiti a piazza di spaccio. Alle 16:00 di un giorno qualsiasi della settimana, in Via dell’Archeologia, lo Stato, spesso assente, mostra i muscoli inutilmente. Queste piazze di spaccio dove le forze di polizia organizzano le retate verranno rimpiazzate in meno di 48 ore e il business della droga continuerà ad andare avanti.

Qui, sull’asfalto di Tor Bella Monaca, l’astensionismo alle ultime elezioni comunali ha raggiunto circa il 70%: cifra altissima in quella che nel 2016 era stata la roccaforte del Movimento 5 Stelle e di Virginia Raggi, che al primo turno prese il 41% e al ballottaggio il 79% dei voti. Un plebiscito per chi in quel momento incarnava un voto di protesta contro le precedenti gestioni delle periferie.
Nel 2016 ha votato il 48% degli aventi diritto. Oggi, però, le elezioni amministrative sono uno spartiacque: nel pieno della crisi economica e sociale scaturita dal Covid-19, con i miliardi di euro del Pnrr che inonderanno le casse dello Stato, la tornata elettorale ha registrato l’ennesimo tonfo delle percentuali.

“Il non-voto non è menefreghismo ma è un voto politico, la gente non si sente rappresentata ed è anche comprensibile. Qua non c’è quasi nessuno e spesso quelli che ci sono vengono per giudicare, non per mettersi a disposizione”, racconta Nella Converti, militante della sezione del Partito Democratico di Via dell’Archeologia e appena eletta all’Assemblea capitolina con 2500 preferenze. “I voti li ho presi quasi tutti in questa zona, nei seggi attorno alle case popolari e mi hanno votata perché da anni, ogni giorno, sono qui e cerco di farmi carico di situazioni difficili e spesso al limite. Il mio partito spesso si dimentica di essere radicale, vuole essere centrista, ma in questi territori se sei radicale la gente ti riconosce e insieme a loro riesci a fare le tue lotte”, aggiunge Converti mentre ci accoglie nel circolo del PD, che per simbologie, quadri appesi e libri accatastati, sembra una sezione del vecchio PCI.

Camminando lungo il quartiere Converti ci mostra palazzi “dove il 99% delle perso…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.