Alla ricerca del conflitto perduto. Intervista a Fabrizio Barca

La seconda puntata del ciclo di interviste “La politica che (non) c’è” è una lunga conversazione con Fabrizio Barca a partire dal suo ultimo libro, “Disuguaglianze Conflitto Sviluppo – La pandemia, la sinistra e il partito che non c’è”.

La politica che (non) c’è: tutte le interviste

“Da troppo tempo manca una visione”. Una visione “che sappia precedere e accompagnare l’azione politica”. Incontriamo Fabrizio Barca, coordinatore con Andrea Morniroli del Forum Disuguaglianze e Diversità, all’interno di una piccola sala meeting alla Nuvola di Roma, un’ora prima dell’inizio della presentazione del libro-intervista scritto con Fulvio Lorefice (Donzelli Editore) in programma alla fiera Più Libri Più Liberi. Titolo del libro: Disuguaglianze Conflitto Sviluppo. L’assenza di virgole e i tre termini con l’iniziale in maiuscolo raccontano già dalla copertina di una lunga discussione intorno a tre assi che, come racconta il sottotitolo, delinea l’Italia di oggi: “La pandemia, la sinistra e il partito che non c’è”.

“Tempi duri, per la sinistra italiana”, si legge nella breve descrizione che apre il libro, di cui riportiamo uno stralcio prima di addentrarci nella discussione. “I suoi rappresentanti, i suoi esponenti più significativi, i suoi gruppi dirigenti, messi a dura prova da una lunga crisi dell’economia che ha accresciuto le disuguaglianze, e da una parallela crisi della politica che ha visto svilirsi il ruolo dei partiti e crescere sempre più il divario tra governanti e governati, sono a corto di un pensiero strategico: sembrano avere smarrito il nesso tra lo studio della realtà e la sua trasformazione. Da troppo tempo manca una visione, che sappia precedere e accompagnare l’azione politica”.

C’è una parola che potremmo definire centrale tra quelle in copertina, disuguaglianze, conflitto e sviluppo?
La parola chiave, non ovvia, è “conflitto”, il grande assente delle democrazie ormai da troppo tempo. Al centro del libro c’è la necessità di parlare con un linguaggio politico comprensibile, ma non semplificato, per spiegare cosa c’è dietro le tante proposte tecniche, anche difficili, che portiamo avanti come Forum Disuguaglianze Diversità. L’obiettivo è non perdere la risposta alla domanda: “Perché il cambiamento non avviene se è vero che sappiamo cosa fare?”.

Il lavoro fatto con il Forum, con tanti pezzi della società civile, hanno cambiato in questi anni Fabrizio Barca e il suo percorso politico?
Bella domanda. Uno nota sempre di più le proprie continuità (seguono diversi secondi di silenzio, ndr). È come se questa terza fase della mia vita dopo quella della ricerca in Banca d’Italia e del policy making, una fase che definirei di “movimento”, mi restituisse in maniera impressionante la diffusione, la molteplicità degli strumenti e delle persone che potrebbero determinare il cambiamento del nostro Paese. Il mio cambiamento è avvenuto attraverso la conoscenza di persone straordinarie in questi ultimi cinque anni, i miei compagni di strada nel Forum e i loro, come quei giovani e quelle giovani che sono venuti e venute a raccontare i Patti Educativi Territoriali c…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.