Con gli occhi di Saramago

Abbiamo chiesto ad alcuni tra i più importanti intellettuali del mondo, tra cui Zygmunt Bauman, la loro opinione su Berlusconi e il berlusconismo.

Da MicroMega 2/2011 [Acquista il numero completo]

Queste le domande poste:

  1. Silvio Berlusconi è il protagonista della politica italiana da quasi un ventennio. Ritiene che lui e il suo partito rappresentino una destra sostanzialmente assimilabile a quella al potere in altri paesi europeo-occidentali (Francia, Germania, Inghilterra), oppure costituiscano una forza antidemocratica (alla Putin? Di peronismo all’occidentale? Di «fascismo» post-moderno e mediatico?) e dunque un pericolo di «contagio»?
  2. Qual è la sua opinione sulla Lega Nord, principale alleato di Berlusconi? A quali movimenti politici presenti nel resto dell’Europa si sentirebbe di paragonarla? Esiste qualcosa di simile nel suo paese? Pensa che il governo di Berlusconi sia responsabile di un accresciuto razzismo (e/o omofobia)?
  3. Che spiegazione avanzerebbe della circostanza che, nonostante gli scandali e il malgoverno, una parte significativa di cittadini italiani continui a dar credito a Berlusconi?
  4. Che idea si è fatto dell’opposizione parlamentare e della sinistra italiana? La ritiene più o meno «in crisi» che negli altri paesi europei? È in grado di liberare l’Italia da Berlusconi o ritiene che una risposta vincente possa venire solo dai movimenti civili e intellettuali, e/o dalle lotte sindacali e sociali?

Piuttosto che cercare di formulare un mio personale atto d’accusa sul «fenomeno Berlusconi», aggiungendo così qualche altra pagina alla documentazione già oltremodo voluminosa raccolta per un processo a suo carico (scarsamente probabile in un prevedibile futuro), preferisco ricordare ai lettori i giudizi del grande intellettuale portoghese José Saramago, il quale – stanco della invalidante lentezza della giustizia italiana – non se ne starebbe remissivamente ad aspettare che il tribunale della coscienza italiana fosse convocato. Saramago, purtroppo, non può rispondere di persona, così gli farò io da messaggero – mi autonomino suo portavoce… Selezionerò le mie citazioni traendole da O Caderno, sorta di diario che egli ha tenuto tra il 2008 e il 2009, pubblicato a Lisbona nel 2010 dalla Editorial Caminho.

Saramago, supremo maestro artigiano della parola, è noto per la cura certosina e la sorprendente precisione con cui sceglieva le parole. Sapeva che «il termine delinquente possiede in Italia una carica negativa assai più forte che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa». Eppure non ha esitato a usarlo per definire Berlusconi. Il 9 giugno 2009 scrive: Berlusconi «continua a commettere delitti di variabile ma sempre dimostrata gravità. Inoltre, non solo disobbedisce alle leggi ma, peggio ancora, le fa fare a salvaguardia dei propri interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore di minori». E Saramago non esita neanche a concludere che Berlusconi «è caduto da tempo nella più totale abiezione». In una notazione scritta un mese prima, il 9 maggio 2009, lo definisce «il Catilina» dell’Italia contemporanea, avvertendo che, a differenza dell’originale antico, «Berlusconi non ha bisogno di dare l’assalto al potere, perché è già suo, ha soldi abbastanza per comprare tutti i complici c…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.