“Bloody Sunday”, 50 anni fa il massacro che infiammò l’Irlanda del Nord

Il 30 gennaio 1972 i soldati inglesi aprirono il fuoco su una manifestazione per i diritti civili, uccidendo 14 persone. A distanza di 50 anni approfondiamo le cause storiche del confitto nordirlandese fra cattolici e protestanti e le conseguenze politiche e culturali di quel terribile pomeriggio.

Nel pomeriggio del 30 gennaio 1972 le truppe inglesi di stanza a Derry, in Nord Irlanda, aprirono il fuoco su una manifestazione organizzata dalla Northern Ireland Civil Rights Association. In 50 mila avevano risposto all’appello e si erano riuniti a Bogside, nella periferia di Derry. Quando la marcia giunse a Creggan, un complesso di case popolari, 26 civili furono colpiti. Le vittime riportavano anche ferite causate da proiettili di gomma, da colpi di manganello; alcuni erano stati investiti dai mezzi dell’esercito. Morirono in 13 quel giorno; la quattordicesima perì quattro mesi dopo a seguito delle ferite. Almeno 5 vittime erano state raggiunte alle spalle, mentre fuggivano, dai colpi sparati dal primo Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell’esercito britannico. I morti erano tutti cattolici; in 6 avevano appena 17 anni.

Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario di quella che pur non essendo la più tragica in termini di caduti, rimane essere la strage di civili dal più forte impatto emotivo e politico nella martoriata vicenda nordirlandese. Di Bloody Sunday nella difficile storia fra Irlanda e Inghilterra ce ne erano stati altri in precedenza: nel 1887, quando l’isola irlandese faceva ancora parte dell’Impero britannico e la questione della Home Rule – la richiesta di autogoverno da parte della popolazione irlandese – stava ridisegnando il sistema politico inglese e i rapporti di forza fra il partito conservatore e i liberali guidati da William Gladstone. E poi, ancora altri Bloody Sunday durante la guerra di indipendenza irlandese nel 1920 e 1921.

Le cause storiche dello scontro fra cattolici e protestanti che continuarono a sconvolgere l’Irlanda del Nord, specialmente a partire dagli anni settanta del novecento, sono da individuare nella partizione dell’isola a seguito della nascita della Repubblica Irlandese nel 1920. Anche se, chiaramente, le rivendicazioni all’autodeterminazione affondavano nelle guerre religiose del sedicesimo secolo, nell’occupazione forzata da parte della comunità protestante grazie alla legislazione speciale del diciassettesimo secolo e all’Act of Union che nel 1801 aboliva il parlamento irlandese. Le “Sei Contee” a predominanza protestante a nord-est dell’isola, il territorio oggi chiamato appunto Irlanda del Nord, nel 1920 non ottennero l’indipendenza e furono separate dal nuovo stato repubblicano rimanendo legate all’impero britannico. Qui, a partire dal 1922, quando la guerra civile trovò una fine, la minoranza cattolica fedele alle aspirazioni di riunificazione con la neonata repubblica (cattolica) Irl…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

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Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.