Populismo cristiano: un fenomeno transatlantico?

La politicizzazione del cristianesimo ha diverse varianti: in Europa occidentale si gioca sull’atteggiamento verso i musulmani ma anche verso la famiglia cristiana; nell'Europa orientale associa il rifiuto dell'islam alla critica al liberalismo; negli Stati Uniti è sfociata in un nazional-conservatorismo che vorrebbe fare emuli in Europa.

Lungi dal pretendere di appartenere a un elettorato tradizionalista come ai tempi di Jean-Marie Le Pen, il Rassemblement national si presenta oggi come laico, addirittura laïcard[1], nelle sue battaglie contro l’uso del velo o la difesa della legge del 1905[2]. Marine Le Pen, tuttavia, fa spesso riferimento alle «radici cristiane della Francia» (così come Louis Aliot, che sembra conoscere il numero esatto di chiese sul territorio francese). E non esita inoltre a denunciare la presenza musulmana come un’invasione e un ribaltamento di civiltà, mentre all’interno del suo stesso partito così come ai suoi immediati margini, una nebulosa cattolica detta «destra fuori le mura» auspica piuttosto la guida carismatica di Marion Maréchal-Le Pen, per portare alta la propria bandiera, fatta di difesa identitaria ma anche di fede cattolica e conservatorismo morale. Cavalcando quest’onda, Éric Zemmour usa il riferimento cristiano sia come simbolo del «declino francese» sia come arma a più ampio spettro, per combattere la «grande sostituzione» islamica[3].

La politicizzazione del cattolicesimo all’interno della destra populista francese non è un fenomeno isolato. Fa eco alla forte spinta, in Europa come in America, del riferimento cristiano all’interno dei movimenti identitari e dei partiti nazional-populisti.

A partire dal 2016, il fenomeno della “cristianizzazione” dei populismi ha dato origine a numerose analisi, accanto a ricerche sul populismo in generale e sui suoi effetti politici[4]. Più rare per il momento sono le analisi dell’influenza del populismo sul cristianesimo[5]. Per spiegare queste convergenze, i ricercatori di lingua inglese hanno chiamato questa nuova corrente politica Christian NationalismChristian Populism o Christianism. Dando un’occhiata al panorama internazionale, però, si notano forti differenze a livello geografico nell’uso del riferimento cristiano: piuttosto superficiale nell’Europa occidentale, la “cristianizzazione” dei populismi è molto più tangibile nell’Europa centrale e negli Usa, tanto che si distinguono tre tendenze nella difesa delle radici e dei valori cristiani dei popoli e delle nazioni. Il credito che alcuni elettori cristiani concedono loro cos…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.