Diario del ‘grande viaggio’

Nei giorni del rientro in Europa Adorno tenne un diario di bordo, in cui sfilano per l’ultima volta persone e luoghi degli anni americani, per ritrovare infine la Francia orgogliosa del dopoguerra e la Germania devastata dalle bombe. Un testo straordinario che svela l’uomo ‘oltre’ il professore della Scuola di Francoforte.

(da MicroMega 6-06 / Acquista il numero su shop.micromega.net)

Presentazione di Francesco Peri

Diario di un uomo

All’indomani della seconda guerra mondiale, vissuta dall’esilio americano con un misto di orrore e distacco, la comunità di studiosi tedeschi più tardi nota come Scuola di Francoforte riallacciava lentamente i contatti con il Vecchio Continente. Nel 1947 era uscita ad Amsterdam la Dialettica dell’illuminismo, e l’anno successivo l’editore Mohr-Siebeck di Tubinga aveva accettato di pubblicare la Filosofia della musica moderna di Adorno. Nei primi mesi del 1949 il rettore della Johann Wolfgang Goethe-Universität di Francoforte, a Los Angeles per incontrare Thomas Mann, aveva discusso con Horkheimer, a sua volta reduce da un primo sopralluogo in terra tedesca, la possibilità del rientro in patria dell’Istituto per la ricerca sociale. Qualche mese più tardi, facendo seguito a un invito ufficiale, Theodor W. Adorno si metteva in viaggio per ricoprire ad interim la cattedra assegnata all’ex professor Horkheimer a titolo di risarcimento, nella prospettiva di subentrare lui stesso a Hans Georg Gadamer, in procinto di partire per Heidelberg.

Nei giorni del rientro in Europa, come solo in pochissime altre occasioni, Adorno tenne un diario di bordo, un documento straordinario nel quale vediamo sfilare per l’ultima volta, tratteggiate in un magnifico stile spezzato, le persone e i luoghi degli undici anni americani, per ritrovare infine la Francia orgogliosa del dopoguerra e una Francoforte devastata dalle bombe. L’irreale passeggiata per le rovine del Westend, il centro storico della città natale, è una delle pagine più belle mai uscite dalla penna di Adorno, che in queste annotazioni strettamente private, pubblicate per la prima volta nel 2003, l’anno del centenario, si conferma un prosatore di raro talento. La dizione stenografica, a tratti sconnessa, dell’originale è stata scrupolosamente conservata in italiano, e così la punteggiatura. Ci siamo limitati a emendare l’ortografia di alcuni nomi e ad aggiungere note esplicative ogniqualvolta sia stato possibile identificare un personaggio o dove sia sembrato utile chiarire una circostanza (gli interventi tra parentesi quadre, ad eccezione delle traduzioni in italiano, sono dei curatori tedeschi).

L’inedito Adorno privato emerso con le pubblicazioni del centenario ha consentito a qualche giornalista indiscreto di togliersi una meschina soddisfazione gridando «Ecce homo!» di fronte all’inatteso spettacolo dei lati più intimi, segreti e delicati dell’austero e venerato professore. Se però fossimo ridotti a credere che testi come questo debbano compromettere la memoria di un autore piuttosto che esaltarne la statura umana, che cosa pensare della nostra filosofia…?

Theodor W. Adorno: Diario del ‘grande viaggio’*

Los Angeles, 11 ottobre 1949. Partenza per New York con il «Chief» (1). Gretel (2) mi accompagna in auto alla stazione. Là mi attendono Max, Fritz Lang, Lily (3). Parto con tristezza. Sensazione di essere oggetto di costellazioni, non realmente in grado di disporre di me stesso. Legame infinito con Gretel fino alla morte. Non vorrei morire senza che lei fosse presente. Con Max di nuovo accordi su assoluto rispetto dei termini. Prima del viaggio…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.