Maria Montessori settant’anni dopo: una lezione ancora viva e attuale

Tra i fondatori di una pedagogia scientifica, Maria Montessori fu animata anche da un impegno utopico-sociale a favore dell’infanzia che impedisce di considerarla semplicemente come la creatrice di un metodo. A settant’anni dalla morte, la studiosa marchigiana ha ancora molto da insegnarci.

Settant’anni fa scompariva Maria Montessori. Ma la sua lezione è ancora viva.

Il profilo culturale della studiosa marchigiana è del tutto particolare. Ella figura tra i fondatori di una pedagogia scientifica, ma fu animata anche da uno vivo spirito utopico. Il suo pensiero, pur affondando le radici nel positivismo, si dilatò verso orizzonti spiritualisti, assumendo un afflato profetico. La cifra della sua opera è la complessità, che impedisce di considerarla semplicemente come la creatrice di un metodo, come una mera tecnica dell’educazione. Il germe dell’utopia era in lei presente precocemente: si iscrisse alla Società teosofica nel 1899; sostenitrice dell’emancipazione femminile, partecipò nel medesimo anno al Congresso internazionale delle donne di Londra.

La prima fase del suo lavoro ha, però, un carattere schiettamente positivista. Il Riassunto delle lezioni di didattica, da lei tenute alla Scuola magistrale ortofrenica di Roma nel 1900, mostra un’impostazione medico-scientifica. Nel 1907, ella assume la direzione degli spazi educativi per l’infanzia del quartiere di San Lorenzo, in Roma. Si tratta di un insediamento urbano di carattere proletario, dove c’è bisogno di strutture che si occupino dei bambini quando i genitori sono a lavorare. Il Discorso inaugurale in occasione dell’apertura di una “Casa dei bambini” del 1907 testimonia una sensibilità sociale tipica del positivismo: la preoccupazione per l’igiene, per la carenza d’istruzione, per il degrado sociale del Quartiere di San Lorenzo (a Roma). Anche la sua opera fondamentale, Il metodo scientifico della pedagogia applicato all’educazione infantile nelle Case dei bambini (1909), è basata su questo impianto, ma fin da questo momento compare il tema della libertà del bambino.

La Casa è un ambiente concepito a misura di bambino (a partire dagli arredi) e strutturato per favorire il suo sviluppo. Le attività si suddividono in due parti: quelle dedicate alla gestione domestica della Casa e le attività sensoriali-intellettuali, che si basano su materiali strutturati concepiti per la formazione dell’ordine mentale nel bambino. Il metodo montessoriano è fondato sul libero lavoro individuale dei bambini, che mira anche a soddisfare il loro bisogno di attività e di indipendenza, così da favorirne un equilibrato sviluppo socioaffettivo. Si tratta di un metodo che mira all’emancipazione intellettuale e affettiva dell’infanzia. Tutti i bambini possono trarre profitto dai materiali didattici, indipendentemente dai loro livelli di partenza. E il clima di libertà in cui si svolge il lavoro favorisce la serenità e l’equilibrato sviluppo affettivo. La maestra predispone l’ambiente e i materiali, osserva il lavoro dei bambini e li aiuta a rendersi autonomi. Un ampliamento dello sguardo del…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.