Gli equilibrismi geopolitici del Dragone

Il ruolo della Cina nella guerra in Ucraina. Il rapporto privilegiato con la Russia. L’attivismo diplomatico. La questione di Taiwan. I problemi interni a Shanghai. Parla Giada Messetti, giornalista e sinologa.

Partiamo dalla questione di cui più si è discusso in questi tre mesi: il ruolo della Cina nella guerra in Ucraina. Si pensava che potesse essere un soggetto importante per la ricerca della pace e invece non è così.
La Cina sta facendo la Cina, ossia un paese equilibrista, acrobatico. A noi questo atteggiamento sembra spesso ambiguo ma la Cina deve tenere insieme tanti fattori. Sicuramente ha un rapporto privilegiato con Putin, è contraria alle sanzioni ma al tempo stesso sta rispettando quelle contro la Russia perché ha paura di sanzioni secondarie contro di lei. Inoltre, la Cina deve rimanere coerente con il suo principio di non interferenza negli affari esteri, una formula che utilizza per proteggere sé stessa: io non mi mischio negli affari degli altri paesi e di conseguenza non voglio che nessuno interferisca nei miei.

Parli di un “rapporto privilegiato” tra Cina e Russia, in cosa consiste? Non sono due potenze concorrenziali nella regione asiatica?
Sì, hanno molti dossier nei quali si pestano i piedi ma nell’ultimo decennio nei due paesi c’è stata la stessa narrativa: gli Stati Uniti hanno una politica espansionistica in Europa dell’est contro la Russia e nell’Indopacifico contro la Cina, che teme di restare isolata. Negli ultimi 10 anni le relazioni tra i due paesi sono migliorate anche grazie al rapporto tra i due leader: Putin e Xi Jinping si sono incontrati 40 volte nell’ultimo decennio. Un numero altissimo che ha visto il momento più importante di questa relazione lo scorso 4 febbraio con la dichiarazione congiunta di amicizia illimitata tra i due paesi, nella quale la Cina riconosce la narrazione dell’espansione a Est della NATO e il conseguente pericolo per la Russia, quest’ultima riconosce che l’attivismo americano nell’Indo-Pacifico è un pericolo per la Cina. C’è quindi un collante ideologico che ha portato a una partnership strategica, non a un’alleanza militare, come sottolineato più volte dal Ministro degli Esteri cinese.

E come si sta muovendo in questi mesi la Cina a livello internazionale?
Si è tirata fuori dalla mischia ma non sta ferma, anzi. Il ministro Wang Yi è stato in Sud Africa, in Afghanistan, in Pakistan e in India. C’è stato tanto movimento diplomatico per dimostrare all’Occidente che Pechino non è assolutamente isolata e che sono tanti gli stati che non sono d’accordo con le sanzioni: da un lato c’è l’Occidente che rappresenta 1 miliardo di persone e dall’altro ci sono paesi che ne rappresentano 6 miliardi. La Cina, inoltre, sta sfruttando questo momento per essere un fattore di stabilità nei paesi africani, dove è andata a rassicurare i governi che, in caso di carestie legate alla guerra in Ucraina, non li lascerà soli, come di solito fa l’Occidente.

Sembra che si stia preparando alla fine di questa guerra per uscirne al meglio nel nuovo ordine mondiale.
Esattamente così, è la linea di Xi Jinping da anni: stabilità, in particolare nel Sud-Est asiatico, que…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.