Il gravoso vantaggio del “passaggio razziale”

Per minare l’ingiustizia razziale negli Stati Uniti centinaia di migliaia di neri americani si sono fatti passare per bianchi. Una pratica che si accompagna però a una serie di costi e sacrifici.

Nel romanzo Passing di Nella Larsen (1929), adattato da Rebecca Hall e distribuito su Netflix lo scorso autunno, Clare Kendry, una donna nera dalla pelle chiara, decide di farsi passare per bianca. Clare cresce povera a Chicago e dopo la morte del padre alcolizzato viene accolta dalle sue razziste zie bianche. Quando compie 18 anni sposa un ricco uomo bianco che presume sia bianca. Clare riesce a cavarsela finché, alcuni anni dopo, incontra una sua amica d’infanzia, Irene Redfield, in un hotel per soli bianchi; Irene, come si scopre, a volte si fa passare per bianca, come in quel caso per sfuggire alla calura estiva. La storia racconta la loro complessa relazione dopo questa riunione e finisce per Clare in tragedia.

L’adattamento cinematografico di Hall si inserisce nel solco di molte altre recenti rappresentazioni che drammatizzano l’esperienza del passaggio razziale. La protagonista del best seller di Brit Bennett La metà scomparsa (2020), ad esempio, decide di iniziare a farsi passare per bianca negli anni Cinquanta, all’età di 16 anni, dopo aver risposto a un’inserzione su un giornale per un lavoro di segretaria in un grande magazzino di New Orleans. Con sua grande sorpresa, dopo aver ottenuto un ottimo risultato nel test di dattilografia, a Stella viene offerto il posto; il suo capo presume infatti che sia bianca. Inizialmente Stella tiene fede all’inganno solo per sostenere se stessa e sua sorella, ma il passaggio[1] diventa anche un modo per sfuggire al trauma del linciaggio di suo padre e a quella prospettiva.

Una rappresentazione piuttosto diversa delle caratteristiche del passaggio è quella offerta dalla serie-tv Lovecraft Country della HBO. Nel quinto episodio della prima stagione, “Strange Case” (2020), Ruby Baptiste, una donna nera dalla pelle scura, subisce una metamorfosi, svegliandosi una mattina in un corpo bianco. All’inizio è spaventata, ma dopo un po’ si adatta e si sente potenziata dall’esperienza. Sebbene il passaggio razziale sia spesso collegato alla figura del cosiddetto “tragico mulatto” (tipicamente un personaggio triste o sofferente, raffigurato come diviso tra due mondi, che sperimenta un crollo personale o familiare), Ruby capovolge questo arco narrativo: tutt’altro che tragica, è ritratta come sicura e padrona di sé. Ruby inizialmente usa il suo nuovo potere per guadagno personale (come Stella, si assicura una posizione manageriale in un grande magazzino), ma lentamente scopre di aver ottenuto il potere di fare molto di più che trovare un lavoro; infatti, ora può muoversi…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.