L’antifascismo necessario. Dialogo tra Francesco Filippi e Tomaso Montanari

Le sacche di neofascismo nel nostro Paese sono diffuse e potenzialmente pericolose. L’antifascismo viene spesso considerato “divisivo” e chi ricorda che invece dovrebbe essere il terreno comune condiviso da tutti i cittadini spesso diventa oggetto di violenti attacchi mediatici. Ecco perché oggi l’antifascismo è sempre più necessario.

Il testo che segue è la trascrizione del dialogo, moderato dal segretario generale di Cgil Reggio Emilia Cristian Sesena, tenutosi a Reggio nel corso delle Giornate della laicità, 8-12 giugno 2022.

Cristian Sesena: Come spunti per la discussione di oggi vorrei proporre alcune date. Sabato 9 ottobre 2021, verso il tardo pomeriggio, la sede nazionale della Cgil in Corso d’Italia a Roma è stata assaltata in maniera brutale, con danni importanti al patrimonio artistico custodito in quella sede, nel corso di una delle manifestazioni dei sedicenti no vax, che poi si è scoperto essere profondamente infiltrate da gruppi fascisti. Nei giorni successivi abbiamo ricevuto tantissimi attestati di stima e solidarietà, incluso quello del governo nella persona del premier Draghi. In quella sede la Cgil fece direttamente al presidente Draghi una precisa richiesta, ossia che il parlamento mettesse fuori legge movimenti dichiaratamente fascisti, come Forza Nuova. Una richiesta finora caduta nel vuoto. Viviamo in una situazione complessa e preoccupante, il dato dell’astensione alle ultime amministrative rappresenta un segnale inquietante. Una situazione in cui credo che la retorica antipolitica che si è consumata in questi anni abbia svolto un ruolo cruciale. Enrico Berlinguer ebbe a dire che nell’antipolitica si nasconde il fascismo. Questo è sicuramente un tema su cui noi dovremmo riflettere, come anche dovremmo riflettere sull’uso politico della storia. E qui arriva la seconda data: il 10 febbraio, Giorno del ricordo, collocato tra l’altro a poca distanza temporale dal Giorno della memoria. Attorno a questa ricorrenza si consuma ogni anno una strumentalizzazione di una parte politica volta a costruire una retorica di finta di riconciliazione basata su slogan come “I morti sono tutti uguali” e “Quei poveri ragazzi di Salò”.

Altra data significativa: il 22 aprile scorso a una convention di Fratelli d’Italia a Milano Giorgia Meloni si è scagliata contro una certa stampa, rea secondo lei di andare a cercare in mezzo ai partecipanti a quella convention persone che potessero, direttamente o indirettamente, testimoniare una qualche affiliazione con il fascismo. Se l’è presa soprattutto con un cronista che aveva chiesto a uno dei partecipanti se la t-shirt nera che portava avesse un qualche rapporto con la camicia nera del fascio. Meloni ha inveito contro questa stampa che cerca di farci tornare al passato ecc. ecc. Due interventi dopo è intervenuto Vittorio Feltri ringraziando per l’invito e lodando la scelta di Milano come capitale economica e morale del Paese, ma anche come realtà dove è nato il fascismo. Infine, ultima data: a ottobre saranno 100 anni della Marcia su Roma e dobbiamo porci degli interrogativi rispetto a una possibile ondata di afflati revisionisti a cui potremo assistere in quel periodo. La domanda da cui vorrei partire è:…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.