In quest’epoca d’incertezza cronica, abbiamo bisogno di un reddito di base

Milioni di persone nel Regno Unito stanno affrontando insicurezza, impoverimento, stress e problemi di salute. Serve un cambiamento radicale per smantellare il ‘rentier capitalism’ e ridistribuire i redditi da rendita tra tutti.

Nel Regno Unito viviamo un’epoca di incertezza cronica, in cui le crisi si accumulano l’una sull’altra, facendo precipitare milioni di persone nell’insicurezza, nell’impoverimento, nello stress e nella malattia. C’è stato il crollo finanziario del 2008, un decennio di austerità, una serie di sei pandemie culminate nel Covid-19 (con altre a seguire), e ora la crisi del costo della vita al crescere dell’inflazione, che questo inverno raggiungerà forse un incredibile 20%.

E poi, naturalmente, c’è l’imminente disastro ecologico che riguarda il mondo intero, con il cambiamento climatico fuori controllo, che porta con sé carestie, siccità, inondazioni e altro ancora.

Nassim Taleb ha coniato il termine “cigno nero“ per designare shock rari, imprevedibili e con conseguenze devastanti. Questi shock non sono rari ora. Ma sono incerti, in termini di quando, dove e perché si verificano e di chi sarà influenzato negativamente.

C’è anche qualcos’altro. Sembra che gran parte della popolazione britannica sarà colpita da uno shock di questo tipo. Si prevede che questo inverno milioni di persone soffriranno di difficoltà legate ai combustibili, con più morti e problemi di salute. Catastrofi naturali come le inondazioni potrebbero colpire numerose comunità. Avere un lavoro non garantisce di sfuggire alla povertà o all’insicurezza economica. Nessuno può essere sicuro di scamparla.

Tre deduzioni dovrebbero derivare da questo scenario desolante. In primo luogo, una crescita economica fattibile non avrà la meglio sulle minacce. In secondo luogo, le vecchie politiche non sono valide per affrontare le nuove crisi. Terzo, dobbiamo costruire la resilienza della società, un nuovo sistema di distribuzione del reddito e un nuovo sistema di protezione sociale. Prendere di mira una minoranza sarebbe futile e iniquo.

Lo Stato sociale del dopoguerra era costruito sulla presunzione della piena occupazione degli uomini che percepivano il salario familiare con lavori a tempo pieno, in cui era necessario un risarcimento per “rischi contingenti” o “interruzioni temporanee del potere di guadagno”. È sempre stato sessista; le donne erano appena citate. L’essenza era una compensazione “ex post”, ovvero denaro dopo l’evento.

Questo è inadeguato oggi, quando la sfida principale è l’incertezza cronica, per la quale non si può concepire un sistema di previdenza sociale. Serve un sistema di protezione “ex ante”, cioè denaro prima dell’evento, che garantisca a tutti una sicurezza di base.

Ma i nostri politici non riescono ad apprezzare la natura della sfida e ricorrono alle risposte di ieri per i problemi di ieri.

La crescita economica non è la risposta

I leader conservatori e laburisti hanno entrambi assunto impegni per massimizzare la crescita economica. Keir Starmer …

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.