40 anni di Thriller, il disco che polverizzò ogni record

Michael Jackson fu un personaggio controverso ma non v'è dubbio che l'intera musica pop-rock internazionale si caratterizzi per un prima Thriller ed un dopo. Oggi compie quarant'anni un album di infiniti record, il più venduto di sempre.

Michael Jackson è certamente personaggio discusso, da astro nascente della Motown a clone di Liz Taylor il passo non parve mai troppo scontato. La sua casa trasformata in una sorta di Disney World, il matrimonio con la figlia di Elvis – invero durato assai poco -, certe abitudini e taluni vezzi assai controversi sono corollario di una esistenza vissuta oltre i limiti d’ogni convenzione, in cui mai parvero trascurati i dettagli con cui si sarebbe imposto nell’immaginario collettivo più quale una leggenda che come icona del pop. Pure la sua morte è divenuta narrazione filmica come, del resto, è sembrata tutta la sua vita. Ma non v’è dubbio che l’intera musica pop-rock internazionale si caratterizzi per un prima Thriller ed un dopo. Quell’album di quarant’anni fa è stata produzione di infiniti record, a cominciare dal fatto che risulta il più venduto di sempre, cento milioni di copie, trentaquattro solo negli Stati Uniti. L’unico disco ad avere ben sette singoli nelle prime dieci posizioni della Billboard Hot 100, una pioggia di Grammy Awards come nessun altro s’era aggiudicato. Nel 2008 viene pure incluso nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti come tesoro nazionale.

Dopo Off the Wall, con l’hit Don’t Stop ‘Til You Get Enough, il nostro aveva fatto ballare il mondo, abbattendo il recinto dentro cui parevano rinchiusi i musicisti di colore, sorprendendo tutti. Giovanissimo, aveva acquisito competenze musicali sorprendenti, non era più semplicemente un ragazzo prodigio, appariva ormai come musicista affermato, capace di scalare le classifiche con una personalità indiscussa. Ma l’ex front man de The Jackson 5, il piccolino della band di famiglia, con l’album successivo non si limitò a bissare e superare di gran lunga quel successo, avrebbe invece letteralmente stravolto la storia del pop. Il suo falsetto, che aveva sbalordito in Off the Wall, riesce a tingersi di tonalità inaspettate, diventa tremante, euforico, potente, irriverente, si adatta ai testi, ne amplifica il contenuto, lo esalta, con tonalità cangianti e mai scontate. La sua voce, la sua ricerca estetica quasi maniacale, ne fanno un artista completo. Michael Jackson è an…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.