“Leggere Lolita a Teheran” ai tempi della rivoluzione

Venti anni fa, nel 2003, la scrittrice Azar Nafisi pubblicava il libro ”Leggere Lolita a Teheran”. L’attuale tragica situazione in Iran, in particolare la condizione delle donne, così ben presente già nel libro di Nafisi, suggerisce di riprendere in mano il testo. Che rivela alcuni prodromi della rivoluzione di oggi.
Leggere Lolita a Teheran

a Setareh

“La voglia di bellezza, il desiderio istintivo di lottare contro la ‘forma sbagliata delle cose’ – per prendere a prestito le parole di Vadim, voce narrante dell’ultimo romanzo di Nabokov, Look at the Harlequins! -, sembravano spingere tutti noi verso quella che siamo soliti definire cultura… Mi piacerebbe credere che tanto entusiasmo fosse il sintomo di qualcosa, che ci fosse qualcosa nell’aria, a Teheran, se non proprio una primavera, almeno una leggera brezza, una promessa di primavera. È a questo che mi aggrappo, al debole soffio di una esaltazione sofferta e repressa, alla consapevolezza di aver letto un libro come Lolita a Teheran. E ritrovo quel soffio nelle lettere dei miei ex studenti quando, nonostante le ansie e i timori per un futuro senza lavoro né sicurezza e un presente ostile e precario, mi scrivono della loro ricerca di bellezza, che non è finita”[1].

“Sarà proprio questo testardo desiderio di vita, libertà e ricerca della felicità dei giovani iraniani di oggi… a decidere del nostro futuro”[2].

“Leggere Lolita a Teheran”
Esattamente venti anni fa, nel 2003, la scrittrice iraniana Azar Nafisi pubblicava il libro Reading Lolita in Teheran[3], tradotto già nel 2004 in italiano da Adelphi[4]. L’attuale tragica situazione in Iran, in particolare la condizione delle donne, che non data certo da oggi ed è già ben presente nel libro di Nafisi, suggerisce l’idea di riprendere in mano questo testo che si rivela di stringente attualità. E dunque di rileggere anzitutto Leggere Lolita a Teheran.

Dopo gli studi giovanili in Inghilterra e Stati Uniti e una laurea in Letteratura inglese e americana all’Università dell’Oklahoma, Azar Nafisi rientra in Iran nel 1979 dapprima insegnando Letteratura inglese all’Università di Teheran quindi, dopo cinque anni di ritiro volontario per motivi politici, all’Università Allameh Tatabai, dal 1987 al 1995. È in quest’ultimo anno che, date le dimissioni dal suo incarico accademico, organizza un seminario clandestino con le sette sue migliori allieve che si ritrovano per un paio di anni ogni giovedì mattina nel salotto della sua casa per parlare di letteratura e discutere di opere di narrativa. Il tema degli incontri è il rapporto fra realtà e finzione letteraria. Il libro, diviso in quattro capitoli dedicati a personaggi letterari (I. Lolita; II. Gatsby) e autori (III. James; IV. Austen), è un memoir in cui l’autrice rievoca questi incontri. Le vicende personali, famigliari e affettive di ciascuna delle ragazze, i riflessi sulle loro vite della situazione politica e sociale si intrecciano alle loro discussioni su Lolita, Invito a una decapitazione, Il Grande Gatsby, Daisy Miller, Orgoglio e pregiudizio, e altre opere ancora. Leggendo quei romanzi le ragazze si fanno leggere: grazie a quei libri, esse leggono se stesse e le proprie vicende.

Il 1979, anno in cui Azar Nafisi rientrò in Iran, fu anche l’anno della deposizione dello scià Mohammad Reza Pahlavi e del ritorno in patria dell’ayatollah Khomeini dopo 15 anni di esilio. Quella data fu momento cruciale della rivoluzione che portò a fare dell’Iran una Repubblica islamica: l’Iran divenne una teocrazia sciita. In questo contesto Nafisi vede il quotidiano e progressivo restringersi degli spazi di libertà nella vita civile così come nell’insegnamento. Gli autori e le opere che lei insegna vengono demonizzati, visti come decadenti, immorali, portatori di un messaggio controrivoluzionario, espressione della propaganda imperialista occidentale. La censura di tante opere letterarie si accompagna alla chiusura o distruzione di librerie e teatri e sale cinematografiche. E poiché un regime totalitario non si limita a pretendere l’obbedienza e l’ossequio formale dei cittadini, ma vuole impossessarsi della loro anima, controllare i loro pensieri, determinare le loro scelte, ecco che la vita quotidiana e…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

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La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

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