Tacere e mettere a tacere: “Sette silenzi” di Elettra Santori

Pubblichiamo uno dei racconti che compongono la raccolta "Sette silenzi" di Elettra Santori, sociologa e nostra autrice, in libreria per Rubbettino Editore. Sette racconti, sette modi di tacere (per strategia, per orgoglio, per disprezzo verso gli altri) o di mettere a tacere (il senso critico, la coscienza, il lavorio usurante del cervello che rimugina).
Copertina del libro Sette silenzi di Elettra Santori, Rubbettino Editore

Racconto tratto da Sette silenzi di Elettra Santori.

Dio che noia l’omelia, dieci minuti che sembrano un’ora, pensa Giulia seduta sulla panca di legno, gli occhi che per poco non le si chiudono, i piedi che assumono le pose più storte nello sforzo di tener testa alla sonnolenza. Se i suoi la vedessero, così insofferente! Già si immagina le occhiate grifagne di sua madre e il silenzio fumante di sdegno di suo padre: lui, poi, non ha nemmeno bisogno di guardarla di traverso per rimetterla in riga, gli basta uno sbuffo, quella specie di lunghissimo Umpfhhhhh esalato ad arte, che dice tutto. Ma per fortuna Giuseppe e Teresa sono seduti davanti a lei e non possono vederla; e allora, inosservata, Giulia ne approfitta e divaga, guarda i piedi dei suoi vicini di panca, decolté blu a punta tonda con collant color carne a destra, scarponi da campagna, però ripuliti, a sinistra; poi il suo sguardo si libra verso le navate (ma un po’ di sottecchi, non sia mai che i vicini si accorgano) e si posa qua e là come una farfalla sfaccendata. Mistero della fede. Annunciamo la tua morte Signore. Buon segno, vuol dire che siamo quasi alla Comunione.

San Giuseppe dei sette silenzi, chiesa di campagna ma con un certo stile. «Costruita nel 1881, esattamente un secolo fa, nel periodo in cui il culto del Santo falegname conobbe un’enorme diffusione», sciorinava don Francesco a dottrina. “Sette silenzi” per via dei sette quadri presenti in chiesa, uno per ogni cappella (sono sei) più una pala d’altare, tutti raffiguranti San Giuseppe, che nei Vangeli non dice mai una parola, mai un commento o un’obiezione. Nei momenti cruciali della vita di Cristo, Maria si esprime, Giuseppe tace. Si limita a compiere la volontà di Dio. «È un santo umile e defilato», spiegava il prete, quasi a volerlo giustificare davanti ai catecumeni perplessi, «sempre in secondo piano rispetto a Gesù e alla Madonna, ma con un compito altissimo: quello di essere il loro fedele nutrizio e custode!».

Nelle orecchie di Giulia ancora risuona la rituale domanda di Don Francesco – Cosa rappresentano i sette dipinti? – assieme al silenzio spaesato dei catecumeni. Rivede gli occhi bulbosi del prete (che ha il morbo di Basedow) piantarsi con insistenza su di loro, piccoli campagnoli dalle menti impacciate. «Ancora non lo avete imparato? Come potete pensare di conoscere la vostra Chiesa se non conoscete nemmeno la vostra parrocchia?». A furia di sentirselo ripetere, Giulia alla fine l’ha memorizzato, cosa rappresentano i sette quadri. Se lo ricorda ancora oggi, a quattro anni di distanza dalle lezioni di catechismo: le nozze con Maria, l’accettazione della paternità putativa, la nascita di Cristo, la presentazione al Tempio, la fuga in Egitto, la vita a Nazareth con Gesù e la Madonna, e … e l’ultimo? Ah, Gesù che benedice San Giuseppe morente. «E in quale dei quattro Vangeli viene narrato l’episodio della morte di San Giuseppe?» aveva chiesto un giorno a bruciapelo il prete ai catecumeni. Implacabile, quel don …

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.