Una politica contro l’inflazione

Il biennio 2022-2023 è stato finora segnato dall’inflazione. Di seguito vengono considerate quattro possibili politiche antinflattive che, rispetto alle convenzionali manovre restrittive, potrebbero consentire maggiore rapidità di risultati e ridurre i costi per il sistema economico e finanziario.
Maastricht

Miopemente auspicata da alcuni, tollerata da altri, l’esplosione dell’inflazione ha rappresentato in pochi trimestri il sabotaggio di un contesto straordinariamente favorevole che si era venuto faticosamente costruendo nel tempo, con prezzi stabili, aspettative di inflazione eradicate del tutto ben al di sotto del 2%, politiche monetarie espansive, caduta delle tensioni sui debiti pubblici e fine, o sopimento, delle preoccupazioni per la tenuta dell’Eurozona. Il contesto inflattivo attuale, vissuto dalle autorità come temporaneo, dura ormai da parecchi trimestri ed è essenziale evitare che si consolidi in un contesto storico di incertezza e conflittualità distributiva.

Da inizio Novecento approcci diversi sono stati adottati per combattere l’inflazione dei prezzi, a seconda dei contesti materiali e culturali dell’epoca. L’approccio adottato oggi sembra riassumibile in 1) una progressiva restrizione monetaria operata via tassi di interesse, che partivano da livelli estremamente bassi e restano ancora negativi in termini reali (depurati cioè dall’inflazione) – cioè la banca centrale fornisce liquidità al sistema bancario senza costo reale; 2) un rallentamento della crescita, o una restrizione, della base monetaria, per una ridotta creazione e per la decurtazione del suo valore reale causata dall’inflazione, partendo tuttavia da condizioni di liquidità estremamente elevata; 3) comunicazione e condizionamenti molto blandi nei confronti degli agenti e, in particolare, sui processi di formazione dei prezzi, diversamente da quanto si verifica sui mercati finanziari.

Il set delle strategie e degli strumenti utilizzabili per abbattere l’inflazione è tuttavia più ampio, come provato storicamente ed enunciato dalla teoria, e diversi sono l’efficacia e i costi delle varie politiche. Riconosciuta la complessità del compito delle autorità di politica economica di operare la strategia antinflattiva considerata più adeguata in base alle molteplici informazioni delle quali dispongono e alla mediazione tra varie culture e interessi, si ritiene qui utile sottolineare quattro circostanze di primaria importanza che possono contribuire, anche potentemente, al disegno delle politiche che dal 2021 a oggi sono state messe in atto al di là e al di qua dell’Atlantico.

Una prima circostanza consiste nella considerazione che sia ragioni teoriche sia l’osservazione dei fatti negano che le variazioni nel livello dei prezzi siano un fenomeno meccanicamente connesso alla quantità di moneta. È esperienza vissuta negli ultimi decenni che creazione senza precedenti di moneta si sia realizzata in contesti di inflazione bassissima, quando non addirittura deflazione. Storicamente si individuano altri casi importanti in cui una sostenuta crescita della moneta si è verificata senza alcuna tensione inflazionistica, ad esempio (come mostrano i dati in alcuni lavori di uno degli autori di questo articolo) in Europa e negli Stati Uniti nell’ultimo quarto del XIX secolo, quando i prezzi addirittura scendevano, oppure molte volte in Giappone anche in tempi recenti. E casi in cui i prezzi si sono arrestati mentre la moneta continuava a crescere. Il rapporto tra moneta e prezzi è assai più complesso di quanto l’accezione rigida della teoria quantitativa della moneta assume. Una restrizione monetaria di…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.