Chi abusa del processo

È ormai molto di moda dare addosso ai pubblici ministeri che fanno il loro lavoro. Li si accusa spesso di ‘accanimento investigativo’ ‘come se non fosse affare del requirente cercare prove d’accusa’. La verità è che ‘nell’attesa d’un apparato requirente manovrabile dal potere esecutivo’, il legislatore fa di tutto per mettere i bastoni tra le ruote dell’azione penale. Una strategia di impunità ammantata dalla retorica del garantismo.

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Da MicroMega 6-2007

L’argomento richiede una premessa nomenclatoria e alcuni rilievi elementari. L’universo linguistico del diritto è riducibile ai verbi-sostantivi «dovere» e «potere», coniugabili in due sensi, descrittivo (Aristotele direbbe «apofantico») e deontico: enunciato vero o falso l’uno; l’altro appartiene alla sfera delle parole emotive. Nel tedesco e inglese ai due concetti corrispondono verbi diversi: «tutti gli uomini devono morire» è formula d’una impossibilità naturale, che l’organismo sopravviva sine die; i tedeschi dicono «müssen», gl’inglesi «must»; «il pubblico ministero deve esercitare l’azione», è enunciato normativo («sollen» e «shall»). Ambiguo anche «potere»: appartiene alla lingua normativa la frase «posso fare od omettere tutto quanto non sia vietato né prescritto» («dürfen», «may»); ma quando dico che il pubblico ministero può esercitare l’azione, descrivo una potenza giuridica («können», «can»). Nel lessico tecnico «dovere» designa la situazione del destinatar…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.