La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante "Spezzare l'Italia", Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell'autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un "male necessario" e le istituzioni "più vicine ai cittadini" consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l'opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.

[…] In quest’ottica, a rendere sconcertante l’intera vicenda è soprattutto l’attitudine lombarda, veneta ed emiliano-romagnola ad (auto)celebrarsi come l’avanguardia non tanto economica, quanto morale del Paese. Un’avanguardia che si pone a modello al resto dell’Italia e lamenta l’arretratezza altrui come un vulnus inflitto ai primi della classe, in una visione totalmente autocentrata che, rovesciando la realtà nel suo esatto opposto, si fa spudoratamente forza della denuncia della discriminazione al contrario patita dai migliori. Se a questo siamo giunti – a considerare morale abbandonare gli ultimi a se stessi e immorale richiedere ai primi solidarietà – è per responsabilità culturali e politiche risalenti nel tempo.

Responsabilità che affondano le radici in una visione complessiva delle relazioni sociali improntata all’esaltazione dell’individualismo, che hanno avuto modo  di consolidarsi in una vera e propria ideologia, oggi dominante. «Avvicinare le istituzioni ai cittadini» è la sua parola d’ordine piú nota: una parola d’ordine il cui reale significato è, tuttavia, ben diverso da quel che solitamente si ritiene.

Avvicinare le istituzioni ai cittadini
«Bisogna avvicinare le istituzioni ai cittadini». Quante volte, in questi anni, lo abbiamo sentito ripetere? Che la questione fosse migliorare l’efficienza dell’azione pubblica, aumentare la sensibilità delle istituzioni ai bisogni della popolazione, responsabilizzare gli amministratori, controllare l’impiego delle risorse pubbliche, combattere l’astensionismo elettorale, la soluzione era sempre la stessa: avvicinare le istituzioni ai cittadini.

Che cosa voglia dire, in concreto, nessuno lo sa.

Come tutti gli slogan di successo, anche quello in questione ha una forza evocativa molto superiore alla sua capacità esplicativa. In effetti, verrebbe da chiedersi: c’è davvero bisogno di spiegarlo? Di fronte a una verità autoevidente, è bizzarro interrogarsi sul suo significato. La abbiamo detta e sentita talmente tante volte che non può che essere cosí! Eppure, se si considerano le implicazioni di tale visione sulle dinamiche politiche e istituzionali degli ultimi decenni – e, in ultima istanza, sulla vita pubblica –, un supplemento di riflessione sembra giustificato.

La perniciosa ideologia della sussidiarietà
Tutto muove dall’ideologia della sussidiarietà. A (dover) essere sussidiario, in tale visione, è l’intervento pubblico rispetto alle capacità private d’incidere sull’organizzazione dell’esistenza collettiva. Là dove  un gruppo sociale è in grado di provvedere da sé, la “mano pubblica” non ha titolo per intervenire: questo è il cuore della sussidiarietà. La comunità locale, carente di una scuola per l’infanzia, è capace di attivarsi in autonomia? Che il pubblico si astenga dal fare alcunché. Ai bisogni di accudimento degli anziani riesce a far fronte il lavoro volontario di chi vive sul territorio? Che i servizi sociali si dedichino ad altro. Il dopo-scuola è garantito dall’operato delle associazioni di quartiere? Che i progetti per il tempo pieno siano riposti nei cassetti. È chiaro il motivo del fervore con cui la Chiesa cattolica promuove questa prospettiva: in quanto struttura socialmente radicata e capillarmente diffusa sul …

“L’Ucraina è il campo di battaglia su cui si gioca il futuro dell’Europa”. Intervista a Karl Schlögel

In un’intervista esclusiva rilasciata a margine della presentazione all’Ehess di Parigi del suo nuovo volume in francese sulla guerra in Ucraina – “L’avenir se joue à Kyiv. Léçons ukrainiennes” (“L’avvenire si gioca a Kiev. Lezioni ucraine”) –, lo storico tedesco Karl Schlögel evidenzia l’importanza per l’Europa della guerra di liberazione dell’Ucraina. “È il popolo ucraino, attaccato dalla Russia neo-totalitaria e dal russofascismo, a resistere in prima linea per l’Europa. Combattendo per la sua libertà, difende anche la nostra”.

La Bestia del nuovo fascismo. Intervista a Paolo Berizzi

Paolo Berizzi, giornalista di “Repubblica” che da anni conduce inchieste sul nuovo fascismo, ha recentemente pubblicato per Rizzoli il libro “Il ritorno della Bestia. Come questo governo ha risvegliato il peggio dell’Italia”. Il ritorno della Bestia non coincide con quello del fascismo storico ma con quello di un fascismo nuovo, pop, che però con il primo condivide alcune caratteristiche, le peggiori che l’Italia abbia espresso e continua a esprimere. Ne parliamo con l’autore, che vive da anni sotto scorta in seguito a minacce di gruppi neofascisti e neonazisti.

Libia, un Paese instabile alla mercé degli interessi stranieri

Il 16 maggio 2024 ricorre il decimo anniversario del lancio, da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, dell’offensiva chiamata Operazione Dignità. Con l’occasione ripercorriamo le tappe fondamentali del decennio appena trascorso per contestualizzare lo stato attuale della Libia. O meglio, delle Libie.