Blasfemia? Un reato inconsistente da abolire al più presto

Dobbiamo abolire le leggi contro la blasfemia, in Italia, in Europa e poi in tutto il mondo. Perché punire un cittadino per il reato di blasfemia (fosse anche solo con una multa di un euro) significa riconoscere che quel reato ha senso e che una punizione è necessaria.

Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle”, recita una frase attribuita a Voltaire. Lo stesso accadrà un giorno con i cosiddetti “blasfemi”: smetteranno di esistere quando noi smetteremo di punirli. Perché la blasfemia è a tutti gli effetti un reato inconsistente, proprio come la stregoneria, e a chi verrebbe mai in mente di criminalizzarla nuovamente, nel 2021? A pochissimi esagitati, che giustamente attirano su di sé lo scherno degli italiani, i quali avvertono l’assurdità di una simile proposta. Ma allora perché lo stesso non accade con chi difende ciecamente le leggi italiane contro la blasfemia?  

La tesi che sosterremmo in questo articolo è questa: dobbiamo abolire le leggi contro la blasfemia, perché non esiste un motivo uno per mantenerle in piedi, mentre al contrario ne esistono numerosi per abolirle.  

Ma vediamo innanzitutto cosa sono queste leggi e come vengono applicate nel mondo. 

*** 

Le leggi contro la blasfemia sono misure punitive che criminalizzano quelle espressioni che un’autorità giudiziaria consideri “ingiuriose” nei confronti di una o più confessioni religiose, sia in nome del rispetto di una non meglio definita “sacralità” religiosa, sia in nome del mantenimento dell’ordine pubblico che quelle espressioni turberebbero, come successo recentemente in Austria con l’incredibile avallo della Corte europea dei diritti umani. La Cedu ha infatti confermato la multa di 480 euro comminata a una donna austriaca, colpevole di aver affermato che il Profeta Maometto può essere considerato un “pedofilo”, visto che secondo alcuni hadith sposò una bambina di 6 anni quando lui ne aveva più di 50. Secondo la sentenza, la colpa della donna sarebbe quella di esse…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.