Cile 1973, la regia Usa nel golpe di Pinochet è documentata (ditelo a Walter Veltroni)

Nuove carte desecretate da Washington svelano il ruolo di Cia, multinazionali e Casa Bianca nel rovesciamento di Allende. Solo Veltroni riesce a scrivere una pagina di giornale su quei giorni senza citare mai né Kissinger, né Nixon. Ma perché 50 anni dopo la vicenda cilena ci appassiona ancora e ci riguarda.

La mattina del golpe di Pinochet, il colpo di stato militare sostenuto dagli Stati Uniti in Cile, la CIA informò il Presidente Nixon che gli Ufficiali dell’Esercito cileno erano “determinati a ripristinare l’ordine politico ed economico”, ma “potrebbero ancora mancare di un piano efficacemente coordinato che capitalizzi la diffusa opposizione civile”, questo recita il President’s Daily Brief (PDB) dell’11 settembre 1973, declassificato il 25 agosto 2023 quasi 50 anni dopo la sua stesura. Tutto ciò è ora di pubblico dominio sul sito del National Security Archive, un istituto di ricerca non governativo situato nel campus della George Washington University di Washington, DC. Fondato nel 1985 per verificare la crescente segretezza del governo. All’indomani dell’arresto del generale Augusto Pinochet nell’ottobre 1998, insieme alle vittime del regime di Pinochet, l’archivio ha condotto una campagna per spingere l’amministrazione Clinton a declassificare i documenti ancora segreti sul Cile, sul colpo di Stato e sulla repressione che ne seguì. Sono stati rilasciati circa decine di migliaia di documenti dell’NSC, del Dipartimento di Stato, del Dipartimento della Difesa e della CIA.

Solo Valter Veltroni sembra ignorare il ruolo degli Usa nelle vicende cilene.

Alla vigilia del cinquantesimo anniversario del Golpe, la controversa figura di statista – da giovane leader della Fgci e poi fondatore del Pd passando per l’esperienza di vicepremier di Prodi – si interroga, dalle colonne del Corsera di domenica 10 settembre, se l’esperienza di Allende pagò lo scotto di «essersi piegato al condizionamento di forze estremiste» sposando l’idea di un diplomatico cileno convinto che il governo avrebbe dovuto includere la DC (che era un partito double face come il suo confratello italiano, con la faccia oscurantista e filo padronale molto più forte della sua anima sociale, come la DC italiana, appunto) anziché procedere con quella che definisce la !radicalizzazione del processo”. «Certo puoi vincere due volte le elezioni, ma se insisti con il socialismo, poi non ti lamentare se arriva il golpe militare. Veltroni giambrunista, il cui album di famiglia erano già allora evidentemente la Cia e Nixon», commenta sui social lo scrittore Christian Raimo.

La pubblicazio…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.