Olimpiadi e politica: un lungo (e complicato) rapporto

Le Olimpiadi dell’era moderna sono sempre state strettamente connesse con i contemporanei eventi internazionali. Breve storia di un intreccio tuttora esistente.

Da quelle di Berlino del 1936 a quelle di Tokyo 2020 che si stanno per concludere passando per Città del Messico 1968, le Olimpiadi sono sempre state specchio del contesto politico internazionale, al punto che basterebbe soffermare la propria attenzione su alcuni eventi di questa storica competizione per scorgervi in filigrana la contemporanea situazione politica globale. 

Se fino a Barcellona 1992 erano stati in particolare i due conflitti mondiali, la guerra fredda e l’apartheid sudafricana a dettare “l’agenda politica” delle Olimpiadi – influenzando la scelta del Paese ospite, la lista dei “non invitati” o di quelli non intenzionati a partecipare come forma di boicottaggio – oggi a farla da padrone sono in primo luogo le questioni legate ai diritti lgbtq e alla parità di genere, in linea con quanto al centro del dibattito pubblico in molti Paesi occidentali. Mentre un fil rouge che caratterizza sia le Olimpiadi pre caduta del Muro sia quelle post è la questione palestinese, che dai Giochi di Monaco del 1972 (con l’attentato del gruppo Settembre Nero) ad oggi (con l’atleta judoka algerino Fethi Nourine che, a motivo del suo sostegno alla causa palestinese, si è ritirato per non gareggiare con l’israeliano Tohar Butbul), continua a essere al centro delle questioni politiche poste all’attenzione del pubblico. 

A due giorni dalla chiusura delle Olimpiadi di Tokyo 2020, ripercorriamo insieme questa storia, tra momenti più e meno noti. 

Le Olimpiadi di Hitler 

Impossibile non prendere le mosse dai Giochi di Berlino del 1936. Già le Olimpiadi del 1916 avrebbero dovuto svolgersi in Germania ma la Prima guerra mondiale indusse a cancellare quella edizione (come avverrà anche nel 1940 e nel 1944 a causa della Seconda). Non solo la Germania dovette aspettare 20 anni per ospitare i Giochi ma, a causa del conflitto, il Comitato olimpico internazionale (Cio) impedì ai suoi atleti (e a quelli di Austria, Bulgaria e Ungheria) di partecipare all’edizione del 1920 di Anversa nonché a quella del 1924 a Parigi: gli atleti tedeschi furono riammessi solo ad Amsterdam 1928. 

La scelta di Berlino per i Giochi del 1936 era avvenuta nel 1931, due anni prima della salita al potere del Führer, quando ancora non si poteva immaginare che le Olimpiadi di Berlino sarebbero diventate le Olimpiadi di Hitler, immortalate dalla …

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.