Perché l’esperienza di Riace è, ancora oggi, sentita, vissuta e soprattutto raccontata come un modello politico di accoglienza e integrazione, nonostante le accuse mosse a Mimmo Lucano e all’intero progetto? Perché continua ad avere così tanto seguito? Come è stato possibile che una simile realtà, un piccolo comune calabrese, abbia costruito un tale immaginario?
Dopo aver risposto a queste domande in un incontro pubblico durante la seconda giornata dell’anti G20 di Reggio Calabria – TheLast20 (trovate l’articolo su MicroMega) – mi fermo a parlare con l’ex sindaco di Riace, oggi candidato alle regionali nella lista “Un’altra Calabria è possibile” a sostegno di Luigi de Magistris presidente. Intorno a noi un capannello di giornalisti e sostenitori. Capisco subito che fare l’intervista qui è impossibile. Così ci diamo appuntamento a Riace due giorni dopo. “Ci vediamo domenica alle 9 al bar della piazza”.
Arrivo all’appuntamento alle 8 con l’obiettivo di fare colazione. Mimmo Lucano è già lì.
“Per chi è l’intervista? Non ricordo”.
“MicroMega”.
“Ah, bello. Vai”.
Ci accomodiamo al tavolo e, neanche il tempo di ordinare un caffè, sono subito costretto ad accendere il registratore. “Com’è Riace oggi?”. Basta la classica prima domanda, quella che si fa per mettere a proprio agio l’interlocutore, per far accendere il motore a Mimmo Lucano.
“Riace è cambiata. È inutile usare giri di parole. Sono accadute troppe cose e tutte molto rapidamente. Prima le questioni giudiziarie con lo stop a tutti i progetti di accoglienza, poi la sospensione come sindaco, l’arrivo di una nuova amministrazione sulla scia del vento della destra che ha coinvolto tutta la Calabria, con Salvini che ha proseguito ciò che ha tracciato l’ex ministro degli Interni Marco Minniti che, pur essendo reggino, non è mai venuto qui. Perché è iniziato con lui il tentativo di condizionare quello che stava accadendo a Riace”.
Lucano usa il termine “condizionare” non a caso. “C’è stata la volontà, studiata a tavolino, di impedire che il messaggio di Riace si diffondesse”. Un me…