Riace ieri, oggi e un domani. Intervista a Mimmo Lucano

Domenica mattina di fine luglio. Seduto a un tavolino del bar della piazza di Riace ci aspetta l’ex sindaco. Una chiacchierata a 360 gradi su cosa rimane del paese simbolo dell’accoglienza dopo le inchieste giudiziarie, aspettando la sentenza del 27 settembre.

Perché l’esperienza di Riace è, ancora oggi, sentita, vissuta e soprattutto raccontata come un modello politico di accoglienza e integrazione, nonostante le accuse mosse a Mimmo Lucano e all’intero progetto? Perché continua ad avere così tanto seguito? Come è stato possibile che una simile realtà, un piccolo comune calabrese, abbia costruito un tale immaginario?

Dopo aver risposto a queste domande in un incontro pubblico durante la seconda giornata dell’anti G20 di Reggio Calabria – TheLast20 (trovate l’articolo su MicroMega) – mi fermo a parlare con l’ex sindaco di Riace, oggi candidato alle regionali nella lista “Un’altra Calabria è possibile” a sostegno di Luigi de Magistris presidente. Intorno a noi un capannello di giornalisti e sostenitori. Capisco subito che fare l’intervista qui è impossibile. Così ci diamo appuntamento a Riace due giorni dopo. “Ci vediamo domenica alle 9 al bar della piazza”.

Arrivo all’appuntamento alle 8 con l’obiettivo di fare colazione. Mimmo Lucano è già lì.

“Per chi è l’intervista? Non ricordo”.

MicroMega”.

“Ah, bello. Vai”.

Ci accomodiamo al tavolo e, neanche il tempo di ordinare un caffè, sono subito costretto ad accendere il registratore. “Com’è Riace oggi?”. Basta la classica prima domanda, quella che si fa per mettere a proprio agio l’interlocutore, per far accendere il motore a Mimmo Lucano.

“Riace è cambiata. È inutile usare giri di parole. Sono accadute troppe cose e tutte molto rapidamente. Prima le questioni giudiziarie con lo stop a tutti i progetti di accoglienza, poi la sospensione come sindaco, l’arrivo di una nuova amministrazione sulla scia del vento della destra che ha coinvolto tutta la Calabria, con Salvini che ha proseguito ciò che ha tracciato l’ex ministro degli Interni Marco Minniti che, pur essendo reggino, non è mai venuto qui. Perché è iniziato con lui il tentativo di condizionare quello che stava accadendo a Riace”.

Lucano usa il termine “condizionare” non a caso. “C’è stata la volontà, studiata a tavolino, di impedire che il messaggio di Riace si diffondesse”. Un me…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.