Repetita iuvant

In questo centenario l’unico modo onesto e virtuoso di ricordare Antonio Cederna è quello di ripartire seriamente dal suo sogno, il Parco dei Fori Imperiali e dell’Appia Antica.

Speciale Antonio Cederna a cento anni dalla nascita

«Un attimo, lo vado a sentire. Vediamo se può venire al telefono». Rumore di cornetta appoggiata e voci nel corridoio: «Ti vuole Grassi, il giornalista». «Gressi? Quello dell’Unità?». «No, Grassi del manifesto». La cornetta viene ripresa in mano. «Buonasera, che brutta cosa stanno facendo questa volta?». Breve spiegazione, accompagnata in sottofondo da un mormorio. Poi un breve silenzio: «Vabbè, ripetiamo la stessa cosa, ripetere non fa mai male, siamo qui per questo: il compito della vita è ripetere. Non si è ancora fatto nulla: bisogna continuare a ripetere sino a quando non l’avranno capita». E via di seguito, con l’incipit: «Stanno trasformando il nostro Belpaese in una crosta di asfalto e cemento».

Era il canovaccio che da giovane cronista mi trovavo spesso a ripetere, con poche variazioni, quando in redazione scattava l’imperativo: «Su questo dobbiamo sentire Cederna!». E lui, a qualsiasi ora, per noi era sempre disponibile. Così ritrovo nell’archivio storico del manifesto un mio articolo del 25 luglio 1996 che attaccava: «Antonio Cederna tira un sospirone dalla sua casa di montagna in Valtellina e poi risponde: “Voglio dire a Prodi solo una roba minima. Deve fare al più presto la riforma urbanistica”».

Lo avevo conosciuto quando ero un cronista poco più che ventenne, appena uscito dal liceo, mentre iniziavo a districarmi nel ginepraio urbanistico tra sigle come Peep, Ppa e Ptpr. Lo chiamavo quasi sempre per aggiornarlo su brutte cose, ma lui ribadiva che il giornalismo non doveva appiattirsi sulla notizia dell’evento, della catastrofe e del disastro. Dove essere, al contrario, strumento per una «battaglia costante, tempestiva e soprattutto preventiva». L’ho seguito quando era deputato (eletto nel 1987 come indipendente nelle liste del Pci) e nella sua seconda esperienza da consigliere comunale in Campidoglio dal 1989 al 1993 (lo era già stato dal 1958 al 1961).

Era un piacere vederlo prendere la parola nell’Aula Giulio Cesare del Campidoglio per discorsi ascoltati da tutti in religioso silenzio, sempre precisi e chiari, senza giri di parole e declamati con una classe e termini solo a prima vista di altri tempi: il controllo della proprietà dei terreni, la guerra agli speculatori delle plusvalenze, le cola…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro appiattendosi su posizioni monetariste, la sinistra ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.