Il centenario del Partito Fascista: cosa abbiamo imparato, e cosa no

Cento anni fa nasceva la forza politica che avrebbe distrutto la democrazia italiana e condotto il paese nella disastrosa Seconda Guerra Mondiale. Un secolo dopo, abbiamo imparato qualcosa? Ne parliamo con lo storico Francesco Filippi, autore di “Mussolini ha fatto anche cose buone”.

1921-2021. Sono passati cento anni dalla nascita del Partito Nazionale Fascista. Un anniversario che, a un secolo di distanza dall’inizio della pagina più buia della storia italiana, è necessario “ricordare proprio per non dimenticare”, spiega a MicroMega Francesco Filippi, storico, e autore di Mussolini ha fatto anche cose buone, Ma perché siamo ancora fascisti? eNoi però gli abbiamo fatto le strade (ed. Bollati Boringhieri).

Prima domanda, molto diretta. Questi cento anni trascorsi inutilmente?
Rispondo provocatoriamente. Questi cento anni sono trascorsi per tutti, ma in maniera diversa. Non credo che questo secolo sia passato inutilmente. Alcuni hanno imparato molto dalla storia: purtroppo, i fascisti.Gli eventi recenti ci mostrano come quel modo di assaltare la democrazia, forzarne l’ambito politico per piegare la volontà di massa alla ragione della forza di alcuni, è ancora ben presente nella nostra società. Il fascismo non va mai considerato come una malattia ma come un sintomo della malattia che affligge una democrazia. L’errore, però, sarebbe proprio nel provare a spiegare l’oggi attraverso l’analisi dell’allora. Il dato odierno però è chiaro, perché – questo sì – in costruzioni sociali simili si ripetono eventi simili: una società in crisi sente nelle frange più estreme il bisogno di rivolgersi al classico “uomo forte”, come ci piace chiamarlo, e l’Italia, che è in crisi da tempo, ha ripescato la peggiore delle esperienze esaltandola, un’esaltazione astorica e puramente emozionale che punta a rispondere alla domanda “come uscire da questo pantano?” passando dal semplicistico e rassicurante “non è colpa mia” per arrivare all’invocazione di un deus ex machina. Si cerca un lui, attenzione, che non potrà mai essere redivivo ma semplicemente qualcuno che gli somigli.

Cosa hanno imparato i fascisti in questi cento anni?
Che i punti di pressione su cui fare leva per scardinare l’ordine civile sono sempre gli stessi: la paura, lo scontento, la guerra dei penultimi contro gli ultimi. Il catalogo del fascismo al completo.

E chi sta dall’altra parte cosa avrebbe dovuto imparare e non ha compreso?
Che l’inazione, l’indignazione fine a sé stessa, l’arroccamento muto delle istituzioni che sperano di tenere il colpo, non è mai utile contro degli elementi che non hanno come scopo quello di entrare nell’agone democratico ma distruggerlo. In una democrazia sana l’estremismo fascista è messo al bando non per l’idea politica in sé, ma perché lo scopo di quell’idea è distruggere la democrazia. E ogni volta che un fascista ha avuto la possibilità di farlo, lo ha fatto.

Come andrebbe ricordato questo anniversario, allora?
Da storico, mettendo in luce in maniera attenta, capillare quello che gli storici di…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.