Il mondo del lavoro come soggetto antagonista

La ricostruzione dell’unità e dell’identità del mondo del lavoro quale soggetto antagonista (e il processo di partecipazione attiva a questo fine necessario) offrirebbe il terreno ideale per la rinascita di una sinistra politica di nuovo dotata del suo tratto imprescindibile: il radicamento nel lavoro.

Da molti anni la discussione all’interno della sinistra, intendendo per comodità con questo termine le varie anime che la compongono, si agita attorno a diverse questioni di alcune delle quali è impossibile negare il valore dirimente. L’identità, il progetto, il programma, le alleanze, il sistema elettorale, per fermarsi alle principali, lo sono senza ombra di dubbio. A una osservazione attenta le divergenze su questi temi, che certamente esistono, non sembrano essere così profonde da doversi ritenere incomponibili. Del resto è senso comune che il popolo della sinistra sia in potenza enormemente più numeroso di quello che le elezioni che si susseguono, buon ultime le recenti amministrative, finiscono per dimostrare. Questa sensazione può parzialmente dissimulare, da parte di chi la prova, un desiderio che si spinge oltre la realtà, oppure un rancore verso quelle dirigenze che hanno avuto una così grande responsabilità nella dissipazione di un patrimonio che tante e tanti legittimamente consideravano cosa loro. Può essere che questo popolo non sia alla fin fine così numeroso come la memoria di una bellissima storia induce a credere. Ma non si può non vedere che in quel 50% di astensioni, o nei tanti voti dati all’ultimo minuto e turandosi il naso a una formazione o a un candidato di centro-sinistra, o nei molti elettori del centro-sinistra meno schifati ma pur sempre convintamente critici, si nasconde anche una parte tutt’altro che insignificante di donne e uomini che ancora credono nella necessità di una trasformazione radicale della società.

Eppure questo potenziale non prende mai forma e consistenza. Non che tutto sia immobile. Nei territori si fanno esperienze sotto molti aspetti interessanti, seppure con i partiti quasi sempre in seconda o terza fila. Anche su un piano più generale per alcuni versi si sono compiuti progressi di rilievo. Da più parti sono state avanzate proposte di programma di notevole spessore, spesso concordanti negli elementi essenziali, come la centralità del lavoro e dell’ambiente. Sulla riforma elettorale si è vista un’adesione comune al proporzionale. Sono apparsi contributi di economisti e, in generale, di intellettuali che hanno arricchito l’analisi critica della società capitalistica dei nostri giorni e affacciato ipotesi inquietanti su quella ancor più minacciosa che sta prendendo piede. Ma sul piano dell’organizzazione politica non si sono fatti passi in avanti. Semplificando si può dire che le associazioni intendono che il loro contributo debba esaurirsi nel formulare analisi e proposte, mentre le forze organizzate in…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.