Senza non vuol dire meno: viaggio nei buchi cerebrali

Credete si possa vivere senza una parte consistente del proprio cervello? E se sì, che vita immaginate? Nella maggior parte dei casi le lesioni cerebrali hanno delle conseguenze, a volte anche molto gravi. Ma alcune persone arrivano all’età adulta senza presentare alcun sintomo e scoprono solo per caso che una parte della loro testa è letteralmente… vuota. Evelina Fedorenko del Massachusetts Institute of Technology (MIT), studia proprio questi rari individui, per scoprire come il loro cervello sia stato in grado di adattarsi alla lesione per svolgere normalmente tutte le sue funzioni.

Credete si possa vivere senza una parte consistente del proprio cervello? E se sì, che vita immaginate? Sicuramente un’esistenza piena di privazioni e di limiti, nel parlare magari o nel muoversi. Certo, nella maggior parte dei casi le lesioni cerebrali hanno delle conseguenze, a volte anche molto gravi. Ma alcune persone, rare se non rarissime, arrivano all’età adulta senza presentare alcun sintomo e scoprono solo per caso che una parte della loro testa è letteralmente… vuota.

Da alcuni anni, la Professoressa Evelina Fedorenko, ricercatrice presso il Dipartimento Brain and Cognitive Sciences del Massachusetts Institute of Technology (MIT), studia proprio questi rari individui, per scoprire come il loro cervello sia stato in grado di adattarsi alla lesione per svolgere normalmente tutte le sue funzioni.

“Nel mio laboratorio io studio il linguaggio e le componenti cerebrali che sono deputate alla produzione, allo sviluppo e alla comprensione del linguaggio”, racconta Fedorenko. “Un giorno, nel 2016, il Dipartimento è stato contattato via email da una donna che aveva letto di alcune nostre ricerche: ‘ho un cervello strano – diceva – è privo del lobo temporale sinistro, vi potrebbe interessare studiarlo?’ Naturalmente abbiamo risposto: sì!”

Il caso di EG

In un cervello integro, il lobo temporale sinistro è l’area del linguaggio parlato e della scelta delle parole (comprende la famosa area di Wernicke). Per i ricercatori, EG (per questioni di privacy il nome della paziente non è noto) è un soggetto interessantissimo: nonostante sia priva del lobo temporale, parla perfettamente la propria lingua, l’inglese, e conosce anche molto bene il russo. Gli scienziati hanno quindi cercato di capire in che modo il suo cervello si fosse riorganizzato per permetterle di comunicare correttamente. “L’abbiamo sottoposta a una risonanza magnetica, uno strumento che permette di osservare il flusso sanguigno nel cervello, quindi di identificare le regioni cerebrali che si attivano mentre la persona sta svolgendo determinati compiti. Abbiamo così scoperto che l’area del linguaggio si è spostata, in assenza del lobo temporale sinistro si è posizionata nel lobo temporale destro”. Il caso di EG è stato descritto in un articolo pubblicato dalla rivista Neuropsychologia.

“Nel corso delle analisi, EG ci ha detto che anche sua sorella ha un cervello particolare, le manca il lobo temporale destro. Si tratta di una coincidenza incredibile, o forse no”, osserva Fedorenko. “Queste lesioni del cervello sono dovute a ictus che insorgono nel periodo perinatale, appena prima o appena dopo il parto, e in molti cassi, poiché il cervello si ‘sistema’ da solo, le persone non sanno nemmeno di avere questa caratteristica. Sono stati condotti pochissimi studi sull’argomento e non sappiamo se ci possa essere una predisposizione genetica, che potrebbe spiegare il caso di EG e di sua sorella”.

Prima della pandemia i ricercatori hanno analizzato anche la sorella di EG. Neanche lei presenta deficit di alcun tipo. I ricercatori contano di pubblicare presto i due casi a confronto.

Parte lo studio sui “cervelli speciali”

EG e Fedorenko hanno raccontato la storia a Wired e

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