Il cibo non è una merce

Sono oltre vent’anni che i movimenti sociali chiedono ai rispettivi governi di tirare fuori l’agricoltura dalle materie di competenza dell’Organizzazione mondiale del commercio, perché il cibo non può essere regolato come una merce qualunque. Un’istanza che oggi è stata fatta propria anche dal relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto al cibo.
Il cibo non è una merce

Obiettivo zero fame

Zero fame entro il 2030. Il vertice dei G7 di quest’estate, convocato sulle Alpi bavaresi, ha ribadito questo obiettivo “del millennio” nonostante la furia dei prezzi alimentari globali, incendiata dalla scommessa della finanza speculativa sulla scarsità futura delle materie prime dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Un vertice, l’ultimo di tanti nei passati trent’anni, a dichiarare a parole di voler “riaffermare l’obiettivo di sottrarre 500 milioni di persone alla fame e alla malnutrizione entro il 2030”, senza darsi però strumenti adeguati per farlo.

Il rapporto 2022 delle Nazioni Unite sulla crisi alimentare[1] spiega, infatti, che nel 2021 193 milioni di persone in 53 Paesi del mondo erano in uno stato di crisi o emergenza alimentare. 40 milioni in più del 2020. Entro la fine del 2022 potrebbero aumentare di altri 49 milioni, di cui 750 mila già oggi in condizioni di catastrofe alimentare in 46 Paesi.

Se aggiungiamo a queste le persone non sicure di poter mangiare a sufficienza tutti i giorni e quelle malnutrite, arriviamo ad almeno 323 milioni di affamati. I G7 hanno promesso un contributo aggiuntivo in aiuti da 4,5 miliardi di dollari per affrontare l’emergenza in 47 Paesi prioritari, attraverso le strutture Onu e regionali. A fare bene i conti, però, parliamo di meno di 14 dollari per persona a rischio, senza contare se i fondi verranno davvero erogati e quanto tratterranno le organizzazioni incaricate di far arrivare gli aiuti.

Se si è ragionato molto tra “grandi” di come stabilire tetti e calmieri per i prezzi dell’energia, nessuno parla di regolare i prezzi alimentari e di quali siano i meccanismi migliori per farlo. Anzi: la proposta presentata dall’India più di dieci anni fa all’Organizzazione mondiale del commercio, per permettere ai Paesi più poveri di acquistare con fondi pubblici e stoccare materie prime alimentari, da immettere nel mercato non appena i prezzi impennano per raffreddarli, è stata veementemente contestata e di fatto disinnescata nel vertice della Wto del giugno scorso, nonostante la situazione ben nota.

Non si produce abbastanza cibo per tutte e tutti? Di cibo, in realtà, ce n’è ancora a sufficienza. Il relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto al cibo, Michel Fakhri, ha ricordato di recente in una lettera alla direttrice generale dell’Organizzazione mondiale del commercio Ngozi Okonjo-Iweala[2], che dagli anni Sessanta a oggi c’è stato un aumento del…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.