Camille Paglia: una femminista contro il femminismo

È in libreria per LUISS University Press una nuova traduzione di "Sexual Personae", il libro culto della filosofa, storica dell’arte e femminista Camille Paglia, personalità spesso contestata anche per le e critiche senza sconti che ha mosso al movimento delle donne, nel quale tuttavia ha sempre continuato a riconoscersi.

“Voglio salvare il femminismo dalle femministe”. Camille Paglia non poteva essere più schietta e più fedele al suo stile quando nel 1991 rese questa dichiarazione, in una brillante lecture al MIT di Boston sulla crisi delle Università americane. Polemizzare con le femministe del suo tempo, in buona fede intellettuale ma con provocatorietà e, all’occorrenza, anche con una certa cattiveria dialettica, è da decenni una missione che porta avanti caparbiamente, attraverso articoli, saggi e interventi. Dalla sua miglior nemica Gloria Steinem, definita una “carrierista delle reti sociali”, passando per la critica caustica al filosofeggiare del femminismo della differenza di Hélene Cixous e Luce Irigaray – colpevoli a suo dire di essersi affidate a Lacan senza aver mai davvero fatto i conti con il pensiero di Freud – fino al moralismo “totalitario” e “stalinista” delle femministe radicali come Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin, Paglia non ha risparmiato nessuna figura del pantheon femminista dallo scontrarsi con la sua dialettica. Ha lanciato fendenti anche contro le ricerche archeologiche di Marija Gimbutas – “la Pollyanna del nonsense”. Né è stata risparmiata: contro di lei nell’arco di almeno 50 anni sono state mosse non solo critiche aspre ma anche numerosi tentativi di ostracizzazione dal mondo accademico ed editoriale, e di estromissione dal dibattito femminista.

Di tutte le donne con cui si è scontrata, forse è la femminista radicale Kate Millett la personalità alla quale Paglia muove le accuse più forti. Quando uscì il saggio Sexual Politics (1970), la accusò aspramente di aver reso il sesso, oltre che il femminismo, un campo di battaglia delle donne contro gli uomini, attraverso concetti come quello di “società patriarcale” che, per la studiosa italoamericana, colpevolizzano il genere maschile nel suo assieme e condannano, di per ciò stesso, anche le donne all’impossibilità della libertà; giacché “se le donne desiderano essere libere, devono lasciare che anche gli uomini siano liberi” ovvero devono lasciare che gli uomini e le donne liberi possano, attraverso il sesso, l’arte e la bellezza, esplorare i rapporti con le grandi forze della Natura. Quelle forze che attraversano le paure umane e che hanno portato alla nascita della società, e particolarmente della società occidentale, proprio allo scopo di gestire questo terrore della “notte arcaica”; la paura dell’uomo – il maschio – di essere risucchiato e annientato nella grande potenza procreatrice della donna.

Questo è il cuore di Sexual Personae, il capolavoro analitico che, come Paglia stessa ha più volte sottolineato, molte femministe hanno deciso di criticare nel tempo senza fare lo sforzo di leggerlo. La visione del dualismo sessuale che si trova esaminata nell’opera monumentale di Paglia è perturbante perché comincia dall’affermazione che la società umana emerge nella e dalla paura – sarebbe sicuramente d’accordo la studiosa Barbara Ehrenreich – e che la paura primordiale dell’uomo/maschio è quella della natura ctonia: dell’insondabile e invisibile principio oscuro della vita, l’umore liquido associato al corpo femminile, alla generazione dal ventre.

Il cuore del femminismo dissidente di Paglia si esprime nel suo immedesimarsi, in questo intreccio atavi…

Israele, la memoria dell’Olocausto usata come arma

La memoria dell’Olocausto, una delle più grandi tragedie dell’umanità, viene spesso strumentalizzata da Israele (e non solo) per garantirsi una sorta di immunità, anche in presenza di violenze atroci come quelle commesse a Gaza nelle ultime settimane. In questo dialogo studiosi dell’Olocausto discutono di come la sua memoria venga impiegata per fini distorti, funzionali alle politiche degli Stati, innanzitutto di quello ebraico. Quattro studiosi ne discutono in un intenso dialogo.

Libano, lo sfollamento forzato e le donne invisibili

La disuguaglianza di genere ha un forte impatto sull’esperienza dello sfollamento di massa seguito alla guerra nel Libano meridionale. Tuttavia, la carenza di dati differenziati rischia di minare l’adeguatezza degli aiuti forniti e di rendere ancora più invisibile la condizione delle donne, che in condizioni di fuga dalla guerra sono invece notoriamente le più colpite dalla violenza e dalla fatica del ritrovarsi senza casa e con bambini o anziani a cui prestare cure.

Come il fascismo governava le donne

L’approccio del fascismo alle donne era bivalente: da un lato mirava a riportare la donna alla sua missione “naturale” di madre e di perno della famiglia, a una visione del tutto patriarcale; ma dall’altro era inteso a “nazionalizzare” le donne, a farne una forza moderna, consapevole della propria missione nell’ambito dello Stato etico; e perciò a dar loro un ruolo e una dimensione pubblica, sempre a rischio di entrare in conflitto con la dimensione domestica tradizionale. Il regime mise molto impegno nel disinnescare in tutti i modi questo potenziale conflitto, colpendo soprattutto il lavoro femminile. Ne parla un libro importante di Victoria de Grazia.