Relazione e distinzione tra scienza e filosofia: la vaghezza semantica

La questione della relazione e distinzione tra scienza e filosofia è stata oggetto di profondo dibattito nella filosofia analitica del Novecento. In questa ricostruzione se ne ripercorre lo sviluppo da Wittgenstein a Chomsky, con un’attenzione particolare rivolta alla specificità dei linguaggi – e alla solidità e accuratezza delle loro enunciazioni – che sono a fondamento delle due branche del sapere.
Scienza e filosofia

Vaghezza semantica e teorie filosofiche

Quando si considera il problema della relazione-distinzione fra scienza e filosofia, si possono individuare, nella letteratura filosofica, due tesi contrapposte: da una parte, la tesi secondo cui non è possibile stabilire una netta distinzione fra scienza e filosofia; dall’altra, la tesi opposta, che vuole la filosofia radicalmente distinta dalla scienza. La distinzione fra scienza e filosofia è stata oggetto di disputa fra alcuni dei più grandi filosofi analitici del Novecento.

Nel Tractatus Logico-Philosophicus,[1] Ludwig Wittgenstein fonda un approccio filosofico secondo cui una proposizione può essere oggetto dell’analisi filosofica se e solo se è possibile distinguere fra i mondi in cui tale proposizione è vera e quelli in cui è falsa. Di conseguenza, le proposizioni metafisiche (che, a seconda della prospettiva che adottiamo, sono sempre vere o sempre false) non possono essere oggetto di studio della filosofia: le proposizioni metafisiche sono pseudo-proposizioni, perché sono insensate.

Le Ricerche filosofiche[2]segnano una svolta e le conclusioni proposte nel Tractatus vengono radicalmente rivisitate, e in parte rinnegate. Wittgenstein afferma che la filosofia consiste nell’analisi concettuale, intesa come lo studio descrittivo del nostro sistema concettuale: questo studio non porta ad alcuna scoperta empirica, ma risolve gli pseudo-problemi che nascono dall’uso del linguaggio; esso, dunque, passa attraverso l’analisi linguistica. Le proposizioni filosofiche non veicolano, sostiene Wittgenstein, alcuna verità, ma determinano l’uso corretto delle parole, che consiste in definitiva nel loro significato. Quindi, i problemi filosofici non sono in realtà problemi, ma pseudo-problemi che nascono dalla scarsa conoscenza del linguaggio. Tutto ciò che la filosofia scopre ci è dunque già noto: la filosofia ha lo scopo di renderlo più chiaro. In questa prospettiva, scienza e filosofia sono distinte, perché la prima studia verità empiriche (che sono determinate dalla realtà, da come stanno le cose nel mondo) e verità più in generale, mentre la seconda studia relazioni concettuali sul mondo, attraverso l’esame del linguaggio.

Una posizione radicalmente diversa è sostenuta da Williard V. O. Quine. In un celebre articolo del 1951,[3] Quine avanza delle critiche alla distinzione fra verità analitiche e sintetiche, le cui definizioni sono, secondo il filosofo, circolari e interdipendenti: di conseguenza, la distinzione non sussiste. Se è così, allora la filosofia non è analisi concettuale (non ricerca, infatti, le verità analitiche, perché semplicemente queste verità non esistono) e scienza e filosofia corrispondono.

Alla critica di Quine alla distinzione fra verità analitiche e sintetiche hanno risposto diversi autori. Paul Grice e Peter Strawson,[4] per esempio, hanno sostenuto che pure se, come vuole Quine, fosse vero che le verità analitiche sono indefinibili (o, meglio, che la loro definizione è circolare), questo non significherebbe che le verità analitiche non sussistano: per esempio, nel linguaggio scientifico, ricordano gli autori, …

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.