Donne in Iran, dall’istruzione alla rivoluzione

Le donne in Iran hanno usufruito di un processo di alfabetizzazione di massa portato avanti dal regime islamico: la rivoluzione iraniana del 1979 fu infatti all’impronta della costruzione di una nazione unitaria e l’elemento scolastico unito a quello religioso ne dovevano rappresentare i due elementi cruciali. Paradossalmente, gli ayatollah hanno dunque fornito alle donne alcuni degli strumenti attraverso i quali esse possono oggi liberarsi del potere oscurantista e misogino. Il fenomeno è descritto e analizzato dall'antropologa e giornalista Sara Hejazi nel suo libro "Iran, donne e rivolte", di cui riportiamo un estratto. Questo fenomeno è descritto e analizzato dall'antropologa e giornalista Sara Hejazi nel suo libro "Iran, donne e rivolte" (Scholé, 2023), di cui riportiamo un estratto.
Iran

I ragazzi e le ragazze che sono scesi in piazza a partire da settembre 2022 sono mossi da uno spirito cosmopolita che in fondo ha sempre caratterizzato l’Iran, fin dai tempi dell’impero persiano e in modo ininterrotto giungendo fino a oggi. Abbiamo visto come già prima della rivoluzione, che rappresenta erroneamente, nell’immaginario collettivo, il ritorno inderogabile a un passato oscuro, i pensieri e le idee si forgiassero su un sapere globale e che i giovani di allora si nutrissero di una cultura cosmopolita; dal punto di vista materiale, la circolazione delle idee avvenne in modo sempre più massiccio, proprio attraverso la circolazione dei beni: uno di questi era il petrolio, che defluiva dal Paese ma ritornava sottoforma di nuovi capitali, nuove mode e nuovi saperi. In questo senso, non solo i giovani di 45 anni fa erano già cosmopoliti e globalizzati, ma lo stesso revival della religione sciita era frutto di questo milieu culturale cosmopolita.

L’introduzione di trasporti, il collegamento del Paese attraverso nuove arterie autostradali, la scolarizzazione di massa e la produzione industriale in serie diedero una nuova linfa al cosmopolitismo già insito allora nella cultura iraniana.

Difficile, leggendo non solo i romanzi, ma anche le opere saggistiche a partire dalla seconda metà del Novecento, far stare la cultura iraniana di allora dentro angusti confini nazionali e linguistici. Insieme al petrolio, si esportavano romanzi e poesie iraniane nei circoli intellettuali parigini; il cinema iraniano veniva prodotto in India o a Berlino, ma consumato nei primi cinema delle aree urbane, a Teheran e a Shiraz.

La rivoluzione del 1979 fu quindi un prodotto di una cultura cosmopolita che cercò – attraverso la propria islamizzazione forzata – di appiattire, ripulire o ridurre il cosmopolitismo attraverso l’uso di forme coercitive che però non sortirono del tutto l’effetto desiderato.

L’Islam sciita rivoluzionario era infatti anch’esso cosmopolita, imbevuto di saperi platonici e aristotelici, reinventato e mescolato a conoscenze della tradizione sufi e della mistica islamica, infine riletto con la lente dei filosofi ed intellettuali post moderni e post coloniali europei, come si è visto nel capitolo precedente.

L’ondata di proteste iniziate nel 2022 rappresenta, quindi, il cosmopolitismo storico che non solo sopravvive, ma che oggi è più che mai determinato dalla potenza dell’iper-connessione, dello stare nella rete, dell’avere sempre più modelli (non necessariamente esclusivamente occidentali), stili di vita e aspirazioni comuni a livello globale. L’esigenza per i giovani è quella di farsi riconoscere e diventare visibili nello spazio pubblico, ma anche di aspirare a una serie di possibilità concrete per la propria vita, che sembrano esistere altrove e che si intravvedono attraverso i media, ma che in Iran sono solo un miraggio. Questi giovani aspirano a smantellare la falsa narrazione secondo la quale l’Islam al governo sarebbe la voce maggioritaria del Paese, se non l’unica voce; attualmente, il governo islamico rappresenta infatti solo una delle molteplici voci dell’Iran contemporaneo, che di fatto è una polifonia.

Stanchi delle forme …

Kant e l’intelligenza polimorfa: un messaggio per il mondo che verrà

Il 22 aprile di 300 anni fa nasceva Immanuel Kant, uno dei pensatori che più hanno influenzato la storia della filosofia. La sua intelligenza versatile e polimorfa, che lo ha portato a spaziare in tutti i campi del sapere, è ancora oggi di estrema attualità e può aiutare noi e le giovani generazioni a orientarci in un mondo che deve affrontare la sfida del cambiamento climatico. Un mondo da abitare consapevoli dei nostri limiti ma anche della nostra grandezza, che possiamo esplicare prendendo coscienza della necessità di perseguire un benessere non solo individuale ma soprattutto collettivo e orientato al bene.

Algoritmi: usarli senza esserne usati. Intervista a Tiziano Bonini ed Emiliano Treré

Oggi gli algoritmi influenzano pesantemente le nostre vite. Tutta una serie di azioni quotidiane, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, ne sono condizionate. Gli algoritmi non sono neutri bensì corrispondono a scelte, valori e impostazioni delle aziende che se ne servono. Ma non siamo condannati a subirne passivamente il funzionamento: così secondo Tiziano Bonini ed Emiliano Treré, che nel loro libro “Algorithms of Resistance: The Everyday Fight against Platform Power” (“Algoritmi di resistenza. La lotta quotidiana contro il potere delle piattaforme”), di prossima pubblicazione anche in Italia per Mondadori, spiegano che cosa sono gli algoritmi di resistenza e come possiamo servircene per rapportarci alla gig economy, e anche alla politica.

Macron, Draghi, Letta e il fallimento dell’Ue

Ormai perfino i più ardenti europeisti, come il Presidente francese Emmanuel Macron, Enrico Letta e Mario Draghi, sono costretti a riconoscere e a denunciare la decadenza dell’Europa, ovvero il fallimento – economico e geopolitico – di questa Unione Europea basata sull’euro e sull’austerità: peccato che così siano costretti a riconoscere implicitamente il loro stesso fallimento, e che le loro proposte non si pongano minimamente il problema né del grave deficit di democrazia interno all’Unione né dell’impoverimento delle classi lavoratrici e produttive. Anzi: propongono di riformare la UE grazie al potenziamento dei mercati finanziari deregolamentati.