Macron, Draghi, Letta e il fallimento dell’Ue

Ormai perfino i più ardenti europeisti, come il Presidente francese Emmanuel Macron, Enrico Letta e Mario Draghi, sono costretti a riconoscere e a denunciare la decadenza dell’Europa, ovvero il fallimento – economico e geopolitico – di questa Unione Europea basata sull'euro e sull'austerità: peccato che così siano costretti a riconoscere implicitamente il loro stesso fallimento, e che le loro proposte non si pongano minimamente il problema né del grave deficit di democrazia interno all’Unione né dell'impoverimento delle classi lavoratrici e produttive. Anzi: propongono di riformare la UE grazie al potenziamento dei mercati finanziari deregolamentati.

Lo scorso aprile, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, i tre grandi leader europeisti Emmanuel Macron, Presidente della Repubblica francese, Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, ed Enrico Letta, ex Presidente del Consiglio ed ex segretario del Partito Democratico italiano, attualmente Presidente del Jacques Delors Institute, hanno pronunciato una serie di importanti discorsi istituzionali nei quali hanno preso finalmente atto della drammatica situazione di stallo dell’Ue e hanno esposto i loro piani di riforma. I tre, che sono tra i principali protagonisti della costruzione europea, sono improvvisamente e sorprendentemente diventati anche i maggiori critici della Ue attuale, di questa Ue che dimostra una completa impotenza nel convulso scenario dei conflitti europei e in Medio Oriente; e di questa Ue sempre sull’orlo della crisi e della recessione economica. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin ha rivelato la debolezza strategica dell’Europa, la sua fragilità strutturale e la sua sudditanza rispetto all’economia e alla politica degli Stati Uniti, diventati il nuovo fornitore di gas della Ue. Anche loro, che da sempre sostengono entusiasticamente l’Unione Europea, hanno dovuto prendere atto che la Ue dell’euro e dell’austerità non può più continuare così, ed è a un punto di svolta: da troppi anni cresce meno di tutte le grandi aree economiche mondiali, si sta deindustrializzando e non inventa più nulla. L’Europa è in declino e è sempre meno competitiva rispetto a Stati Uniti, Cina e ai paesi emergenti, come India, Brasile e la stessa Russia. 

Le politiche di austerità dell’Ue hanno diviso, frenato e impoverito le economie nazionali europee. Da Maastricht in poi l’Europa è cresciuta e cresce circa la metà degli Stati Uniti e all’incirca un quarto della Cina e dei paesi emergenti. Tuttavia i tre leader europei non hanno realmente compreso, come vedremo, quali sono i problemi fondamentali di questa unione, che, purtroppo, al di là degli enunciati di principio e della nobile retorica, è una unione di mercato senza democrazia, e senza ancora una vera strategia di riscossa. 

Un fatto è certo: è praticamente impossibile che questa Ue possa diventare quella  unione politica, federale democratica, che prometteva di diventare. Ormai tutti hanno capito – a parte forse un manipolo ristretto di intellettuali e politici di sinistra italiani ultraeuropeisti – che un superStato federale e centralizzato di 27 o più nazioni europee, una sorta di impero europeo, democratico e plurinazionale, non esisterà mai, almeno nei decenni futuri. Inoltre, l’ultraliberista Trattato di Maastricht è completamente inadatto a organizzare una economia di guerra come quella che l’Europa vorrebbe creare dopo l’invasione dell’Ucraina. Macron, Draghi e Letta devono quindi rielaborare dalle fondamenta una strategia e una visione differente di unione europea. 

E’ stato l’ex presidente della Bce, nel suo intervento del 16 aprile a denunciare che occorre rifondare l’Unione Europea, proprio come fecero i padri costituenti 70 anni fa.  Mentre Enrico Letta, il 18 aprile, pres…

“L’Ucraina è il campo di battaglia su cui si gioca il futuro dell’Europa”. Intervista a Karl Schlögel

In un’intervista esclusiva rilasciata a margine della presentazione all’Ehess di Parigi del suo nuovo volume in francese sulla guerra in Ucraina – “L’avenir se joue à Kyiv. Léçons ukrainiennes” (“L’avvenire si gioca a Kiev. Lezioni ucraine”) –, lo storico tedesco Karl Schlögel evidenzia l’importanza per l’Europa della guerra di liberazione dell’Ucraina. “È il popolo ucraino, attaccato dalla Russia neo-totalitaria e dal russofascismo, a resistere in prima linea per l’Europa. Combattendo per la sua libertà, difende anche la nostra”.

La Bestia del nuovo fascismo. Intervista a Paolo Berizzi

Paolo Berizzi, giornalista di “Repubblica” che da anni conduce inchieste sul nuovo fascismo, ha recentemente pubblicato per Rizzoli il libro “Il ritorno della Bestia. Come questo governo ha risvegliato il peggio dell’Italia”. Il ritorno della Bestia non coincide con quello del fascismo storico ma con quello di un fascismo nuovo, pop, che però con il primo condivide alcune caratteristiche, le peggiori che l’Italia abbia espresso e continua a esprimere. Ne parliamo con l’autore, che vive da anni sotto scorta in seguito a minacce di gruppi neofascisti e neonazisti.

Libia, un Paese instabile alla mercé degli interessi stranieri

Il 16 maggio 2024 ricorre il decimo anniversario del lancio, da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, dell’offensiva chiamata Operazione Dignità. Con l’occasione ripercorriamo le tappe fondamentali del decennio appena trascorso per contestualizzare lo stato attuale della Libia. O meglio, delle Libie.