Israele, viaggio tra i refusenik: “Rifiutare è il minimo che possiamo fare”

Quello dei refusenik, i giovani obiettori di coscienza, è un fenomeno che si presenta a varie ondate nella società israeliana. Il governo e l'esercito cercano di sminuirne la portata politica, riducendolo a scelte di carattere personale, spesso legate alla salute mentale. In questo reportage tra i giovani refusenik israeliani, le motivazioni vengono rivelate da loro stessi. E sì, hanno tutte una portata profondamente politica.
Israele

(Israele) Tel Aviv, “bolla liberale”, concordano i detrattori e i devoti, città LGBTQ+ e centro metropolitano dell’eccesso. Capitale epicurea dove, sotto un sottile velo di tolleranza e inclusione, divampa lo spettro dell’occupazione. Ogni sabato, da oltre sei mesi, si riversano per le sue strade centinaia di migliaia di persone. “Vergogna, vergogna! Democrazia, Democrazia!” sono le parole d’ordine. Protestano contro il nuovo Governo e in difesa del potere giudiziario. Volano fiere nel cielo bandiere arcobaleno.

Manifestanti contro l’occupazione prendono parte alla protesta settimanale contro il nuovo governo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu. Tel Aviv, 11 febbraio 2023. (Gili Yaari/Flash90)

Circa mille israeliani e palestinesi, cittadini di Israele, all’angolo fra Via Kaplan e via Leonardo da Vinci, formano il blocco contro l’occupazione. Ricordano alla folla esaltata che “non c’è democrazia con l’occupazione”. Qualcuno si ferma, si aggrega, domanda, ma i più aggrediscono, insultano e minacciano al grido di “siete dei traditori!”. Tra i giovani che alzano la bandiera palestinese incontriamo Yeheli, Yuval e Einat.  Hanno tra i 19 e i 22 anni e sono i refusenik, obiettori di coscienza che si rifiutano di arruolarsi nell’esercito israeliano.

“Il blocco chiede la liberazione queer dal fiume al mare!”, urla Yeheli attraverso un megafono ricoperto di adesivi del Partito Comunista ebraico-arabo Hadash. E ancora: “La nostra è una lotta contro l’occupazione e le ingiustizie che danneggiano direttamente la comunità queer, come il ricatto da parte dei militari israeliani ai danni dei palestinesi LGBTQ+”. Yeheli è il coordinatore di Mesravot, una delle più importanti ONG che sostengono gli obiettori di coscienza. Giovanissimi che mettono in discussione l’intero sistema dove sono nati e cresciuti. Condizione esistenziale che manda in cortocircuito qualsiasi individuo opinato che chiuda gli occhi di fronte alle violenze dell’occupazione israeliana.

Studenti dell’Università di Tel Aviv protestano per il rilascio dell’obiettore di coscie…

“L’Ucraina è il campo di battaglia su cui si gioca il futuro dell’Europa”. Intervista a Karl Schlögel

In un’intervista esclusiva rilasciata a margine della presentazione all’Ehess di Parigi del suo nuovo volume in francese sulla guerra in Ucraina – “L’avenir se joue à Kyiv. Léçons ukrainiennes” (“L’avvenire si gioca a Kiev. Lezioni ucraine”) –, lo storico tedesco Karl Schlögel evidenzia l’importanza per l’Europa della guerra di liberazione dell’Ucraina. “È il popolo ucraino, attaccato dalla Russia neo-totalitaria e dal russofascismo, a resistere in prima linea per l’Europa. Combattendo per la sua libertà, difende anche la nostra”.

La Bestia del nuovo fascismo. Intervista a Paolo Berizzi

Paolo Berizzi, giornalista di “Repubblica” che da anni conduce inchieste sul nuovo fascismo, ha recentemente pubblicato per Rizzoli il libro “Il ritorno della Bestia. Come questo governo ha risvegliato il peggio dell’Italia”. Il ritorno della Bestia non coincide con quello del fascismo storico ma con quello di un fascismo nuovo, pop, che però con il primo condivide alcune caratteristiche, le peggiori che l’Italia abbia espresso e continua a esprimere. Ne parliamo con l’autore, che vive da anni sotto scorta in seguito a minacce di gruppi neofascisti e neonazisti.

Libia, un Paese instabile alla mercé degli interessi stranieri

Il 16 maggio 2024 ricorre il decimo anniversario del lancio, da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, dell’offensiva chiamata Operazione Dignità. Con l’occasione ripercorriamo le tappe fondamentali del decennio appena trascorso per contestualizzare lo stato attuale della Libia. O meglio, delle Libie.