25 anni di Google: la parabola di Larry Page, dal garage di Menlho Park alle stelle

25 anni fa, il 4 settembre 1998, veniva fondata Google, un’azienda che avrebbe avuto un impatto enorme sulle nostre vite. Ripercorriamo la parabola del suo fondatore, Larry Page, tramutatosi da giovane Anakin Skywalker in Dart Fener. Passando dal voler “organizzare tutta l’informazione del mondo e renderla universalmente accessibile e utile” a, per usare le parole del massmediologo bielorusso Evgeny Morozov, “monetizzare tutta l’informazione del mondo, renderla redditizia e universalmente inaccessibile”.
Google

Silicon Valley ci assicura che la magia della tecnologia riempirà

ogni angolo delle nostre vite. Opporsi equivarrebbe a fare fallire

gli ideali dell’Illuminismo, con Larry Page e Mark Zuckerberg nei

panni di novelli Diderot e Voltaire in versione nerd”.

Evgeny Morozov

Google ha imparato a diventare un cartomante che

legge i dati e sostituisce la scienza all’intuizione”.

Shoshana Zuboff

Scivolando nel lato oscuro della Forza

In uno screenshot che gira sui social network, agli albori della propria avventura imprenditoriale manipolatrice di ciò che il filosofo francese Pierre Lévy definisce “l’intelligenza collettiva”, Google magnificava le virtù del proprio motore di ricerca, garantendovi l’assenza di messaggi pubblicitari e link sponsorizzati. Dunque, alla larga dal lato oscuro del business, iconicizzato nell’immagine innocente di un ragazzino dietro al quale si stagliava l’ombra minacciosa di Dart Fener, il nemico mortale dei Jedi, benevoli guardiani del lato chiaro della Forza. Quindi, l’utilizzo promozionale di un apparato simbolico ricavato da Star Wars, la saga cinematografica creata da George Lucas nel 1977, un ventennio prima dell’anno di fondazione della multinazionale di Mountain View (1998), mettendo in scena l’eterna lotta tra il bene e il male in chiave fantasy.

Verrebbe da pensare che tale scelta – rappresentare la missione aziendale come purezza incontaminata, seppure a rischio di contagi esterni – corrisponda alla proiezione di sé da parte del fondatore e leader dell’impresa, che si identifica nel piccolo Anakin Skywallker, su cui grava in permanenza la minaccia corruttrice della restaurazione oscurantista. La rappresentazione in stile hollywoodiano del predestinato a guidare una nuova epopea: Lawrence Page detto Larry, nato a Lansing (Michigan) il 26 marzo 1973 in una famiglia molto particolare, che non poteva non influenzarne nel profondo la psiche. Difatti il padre era docente universitario di informatica e la madre vantava un master in materia, oltre a insegnare programmazione e svolgere attività consulenziali sulle banche dati. Sicché il piccolo Larry racconterà di essere cresciuto tra computer e riviste scientifiche, per cui già all’età di sei anni utilizzava i PC dei genitori anche nelle sue attività scolastiche. Un enfant prodige che inizierà gradata…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.