Biennale Musica, intervista alla direttrice Lucia Ronchetti

Dal 16 al 29 ottobre si svolge “Micro-Music”, titolo del 67° Festival Internazionale di Musica Contemporanea diretto da Lucia Ronchetti, compositrice di fama internazionale. Oltre a essere un personaggio peculiare e interessante di per sé, Ronchetti è la prima donna a dirigere in assoluto un festival di tale importanza e questa circostanza offre diversi spunti di riflessione che includono sì la presentazione dell’imminente rassegna ma che si spingono anche molto al di là di essa.

Mentre raggiungo Lucia Ronchetti in uno degli hotel nel centro di Venezia per un suo invito ad una prima colazione, penso alla sua predilezione per gli alberghi della città. Invece di optare per un appartamento in pianta stabile, preferisce soggiornare ogni volta in un alloggio diverso. E questo nonostante dal 2021 trascorra lunghi periodi in Laguna per preparare e dirigere uno degli eventi più significativi e prestigiosi a livello internazionale dell’universo musicale contemporaneo, la Biennale Musica.

Elettra De Salvo: Lucia, mi raccontava tempo fa che adora abitare ogni volta in una dimora veneziana diversa e mi spiegava come ciò abbia a che fare con la creatività…

Lucia Ronchetti: In ogni soggiorno veneziano sono in un albergo di una zona diversa della città: è un bellissimo rituale, un esercizio di analisi del territorio che mi riempie di emozione e anche allegria; un modo di conoscere Venezia, non solo studiandone la storia e in particolare la storia della musica attraverso libri e partiture, ma anche percorrendo costantemente diverse parti della città. Abitare a Via Garibaldi o alla Madonna dell’Orto o alle Fondamenta Zattere significa anche entrare più facilmente in contatto con gli abitanti attuali, con i personaggi storici che hanno abitato quei luoghi e con gli studiosi dei diversi aspetti storici, architettonici e geomorfologici della città. Ciò è importante da direttore artistico, per riuscire a realizzare eventi musicali più coerenti e più legati al territorio e alla storia della città.

EDS: Non mi meraviglia affatto, visto che sin dagli inizi della sua carriera si è creata case in molte parti del mondo. A cominciare da Roma, in cui è nata e dove si è diplomata in composizione e musica elettronica all’Accademia di S. Cecilia e laureata in Lettere e filosofia alla Sapienza. Seguono gli anni parigini alla Sorbonne con il DEA in Estetica e il dottorato in musicologia Parigi.

LR: Parigi è stata la mia seconda città. Ci arrivavo con il treno notturno, il Palatino, sempre allarmata dal silenzio musicale che imperava a Roma, e vi incontravo l’alba parigina e uno splendore culturale ineguagliabile: oltre che con François Lesure, ho studiato a lungo con Gérard Grisey, maestro severo, e ho frequentato il Cursus Annuel de l’IRCAM, nei sotterranei del Centro Pompidou, incontrando un altro grande compositore, Tristan Murail.

EDS: Inoltre le molte residenze e borse di studio, ne nomino solo alcune: Akademie Schloss Solitude Stoccarda, Mac Dowell Colony di Peterbourough a Boston, Forum Neues Musiktheater della Staatsoper Stuttgart, Corporation of Yaddo a New York, Akademie der Künste Berlino… Tutte nuove patrie, accasamenti, almeno per un po’. Ma è la musica il luogo dove è sempre di casa, la composizione che abita ovunque lei sia come la sua vera unica dimora in pianta stabile.

LR: Si, in realtà tutti questi spostamenti, sbalzi tellurici della mia esistenza, sono sempre stati dovuti alla ricerca di situazioni dove poter svolgere il mio lavoro di compositore senza altre incombenze, con il silenzio, la concentrazione e la serenità necessarie. E di avere uno stipendio per poter lavorare. Purtroppo, l’Italia è uno dei pochi Paesi che non offre residenze artistiche ai propri compositori, come invece Villa Massimo per i tedeschi e Villa Medici per i francesi. I compositori italiani possono presentare i propri dossier solo per le residenze internazionali senza limiti di nazionalità, dove la selezione è durissima. Sono stata fortunatissima ad essere selezionata nel 2015 dall’Artists-in-Berlin Program della Deutscher Akademischer Austauschdienst di Berlino, quale prima donna compositrice italiana e quest’anno, al Wissenschaftskolleg di Berlino, anche in questo caso prima donna compositrice italiana, succedendo a Isabel Mundry e Liza Lim. Queste due residenze hanno contribuito a…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.