Dalla Palestina all’Ucraina, etnicizzare per disumanizzare

Mentre la guerra sembra ormai riaffermarsi come la via maestra per la risoluzione delle controversie e l’imperialismo non pare trovare più ostacoli, dalla Palestina all'Ucraina dilagano le pratiche di etnicizzazione dell’avversario per disumanizzarlo; la sinistra di antico corso, intanto, non sembra più in grado di fare fronte all’oppressione, limitandosi spesso a guardare il mondo dalla finestra e a lamentarsene.

Nel suo articolo apparso su La Stampa il 15 ottobre, la giornalista Francesca Mannocchi ha raccontato come il processo di disumanizzazione del nemico sia stato centrale in questi anni nella propaganda del governo israeliano nei confronti degli abitanti di Palestina, e come tale processo sia stato indispensabile per giustificare l’attacco indiscriminato contro i civili nella striscia di Gaza, considerati a prescindere come fiancheggiatori e genitori di terroristi. Questo processo, dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso, ha consentito al ministro della difesa israeliana Aluf Yoav Gallant di definire i palestinesi come “animali” o animali umani”.

Fa molta impressione sentire parole di questo tipo da parte di un ministro dello “Stato-nazione degli ebrei”, come Israele ha scelto di definirsi dal 2018, sapendo che fino a pochi decenni fa, “animali umani” erano definiti e considerati gli ebrei stessi, e quanto fu efficace il processo di disumanizzazione su base etnica operato nei loro confronti per giustificare la banalità del male dell’Olocausto.

Sebbene il contesto specifico del massacro in corso abbia sicuramente radicalizzato la cultura della disumanizzazione dell’“altro”, le semplificazioni e le discriminazioni su base etnica e nazionale vanno oltre lo specifico isralo-palestinese; sembrano far parte dello spirito di questi tempi, nei quali torna in auge la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

La disumanizzazione dell’altro non può non passare da un processo di etnicizzazione, spesso all’interno di una cornice territoriale definita. Definizione, e sostanziale invenzione, di quelle che lo studioso Benedict Anderson chiamava le ‘’identità immaginate’’. Nella polarizzazione delle posizioni conseguenti alla guerra in corso assistiamo, quindi, ad un’ondata di odio su fronti opposti: contro i palestinesi da un lato e contro gli ebrei dall’altro. Una dimensione nella quale la lettura etnicizzata del conflitto non può che sfociare nella xenofobia e nel razzismo vero e proprio. Questo però non riguarda semplicemente le parti in conflitto e nemmeno solo l’opinione pubblica internazionale ma anche le istituzioni occidentali, e non è la prima volta che accade in questi anni di ripresa su larga scala dell’opzione bellica. L’esclusione della scrittrice palestinese Adania Shibli dalla fiera del libro di Francoforte è paradigmatica di questo fenomeno, tanto quanto lo fu la censura nei confronti dello scri…

Giù le mani dai centri antiviolenza: i tentativi istituzionalisti e securitari di strapparli al movimento delle donne

Fondamentale acquisizione del movimento delle donne dal basso, per salvarsi la vita e proteggersi dalla violenza soprattutto domestica, oggi i centri antiviolenza subiscono una crescente pressione verso l’istituzionalizzazione e l’irreggimentazione in chiave securitaria e assistenzialista. Tanto che ai bandi per finanziarli accedono realtà persino sfacciatamente pro-patriarcali come i gruppi ProVita o altre congreghe di tipo religioso.

Contro l’“onnipresente violenza”: la lotta in poesia delle femministe russe

Una nuova generazione di femministe russe, oggi quasi tutte riparate all’estero dopo l’inizio dell’invasione in Ucraina, sta svelando attraverso un nuovo uso del linguaggio poetico il trauma rappresentato per le donne dalla violenza maschile, all’interno di una società patriarcale come quella russa che, con il pieno avallo dello Stato, ritiene lo spazio domestico e chi lo abita soggetti al dominio incontrastato dell’uomo. La popolarità della loro poesia e del loro impegno testimonia la reattività della società russa, nonostante la pesante militarizzazione.