Il femminismo ben comprende come siano legate tra loro
le diverse forme di violenza:
domestica, militarista, dello Stato, della polizia
(Dar’ja Serenko)
In Russia, già da alcuni anni, si parla di ‘Fem-poezija’, di poesia tanto femminile quanto soprattutto femminista, che da esperimento marginale portato avanti da poche personalità ‘atomizzate’ si è trasformata, tra gli anni Dieci e Venti del ventunesimo secolo, in fenomeno di primaria importanza nel campo letterario e in polo di attrazione per un nutrito gruppo di autrici capaci di creare, grazie allo spazio del web, una fitta rete di contatti e scambi. Si tratta di un fenomeno profondamente radicato nel suolo russo, non di mera emulazione della letteratura femminista occidentale.
Attivismo poetico
Nel caso di molte autrici russe di oggi, possiamo parlare di una sorta di attivismo poetico: essere scrittrici femministe non comporta solo, poniamo, scrivere liriche intimiste sulle varie declinazioni del corpo della donna, del sesso o della maternità, ma significa problematizzare quanto è dato per assodato, ripensarlo, trasgredirlo, mettere continuamente in discussione la propria soggettività, ma anche le forme tradizionali con cui il vissuto viene normalmente tradotto in versi. Spesso la poesia che scaturisce da un simile atteggiamento non resta confinata alla pagina, ma rappresenta un vero e proprio gesto dimostrativo attraverso cui rielaborare le esperienze disturbanti proprie e dei lettori, uscire allo scoperto, sensibilizzare l’opinione pubblica, ibridare linguaggi diversi (dall’installazione multimediale al flash mob). Le poetesse si posizionano quindi al crocevia tra le diverse strade percorse finora dalla contemporaneità letteraria russa (con il ruolo centrale della poesia, l’erosione della parete divisoria fra creatore e fruitore, il performativismo, l’impegno civile) e cercano, a partire da quell’incrocio, di incamminarsi scientemente per la propria via. In questo sottoinsieme della letteratura russa di oggi, a parte la lotta per i diritti delle donne e le pari opportunità, si delinea una nuova e consapevole identità di genere che necessita anche di nuove strategie letterarie per acquisire voce. Particolarmente urgente in un Paese dove, sin dalla più tenera infanzia, si è sottoposti con insistenza a un’immagine della donna (ma in realtà, a mo’ di contraltare, anche dell’uomo) spesso stereotipata, sclerotizzata in determinati standard estetici e di comportamento come si confà ai famigerati ”valori tradizionali” di cui, negli ultimi anni, il Cremlino e la Chiesa ortodossa russa si sono proclamati strenui paladini, in primo luogo per opporsi all’“Occidente collettivo” a loro avviso decadente e corrotto. Tristemente noto in Russia è inoltre il movimento, considerato estremista persino dal Cremlino, del Mužskoe gosudarstvo (‘Stato dei maschi’), che propaganda una visione maschilista e misogina della società ed è stato promotore di campagne di odio e boicottaggio delle attiviste femministe, sia dal vivo sia online.
È soprattutto negli anni Dieci che si è fatta strada una battagliera generazione di poetesse provenienti da diverse città (anche se quasi tutte confluite verso le due capitali Mosca e San Pietroburgo) e perlopiù nate negli anni Novanta, quindi agli albori della storia di quel gigante dai piedi d’argilla chiamato Federazione russa. Questa nuova ondata al momento conta al suo interno le esponenti più interessanti e di punta della giovane poesia russa (come Galina Rymbu, Oksana Vasjakina, Dar’ja Serenko e molte altre). Una spinta è stata data sia dalla visibilità sempre maggiore di cui hanno goduto la tematica di genere e le problematiche LGBTQ+ in un’Europa con cui le under 30 erano in contatto costante, sia dallo schietto desiderio di tornare a fare arte impegnata dopo che la più schiva ed ermetica generazione precedente, ancora forzata a integrarsi di malavoglia nelle attività promosse dallo Stato in un’Unione Sovietica già sul viale del tramonto, aveva sviluppato un senso di rigetto nei confronti di qualsivog…