Educazione affettiva e sessuale: cosa vuol dire e chi se ne occupa

Invocata un po’ da tutti, non senza la tentazione di cercare una panacea o una scorciatoia per non affrontare la questione in modo più profondo, l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole oggi è portata avanti da una galassia frammentata di sigle e personalità che si muovono in modo spesso disorganico, competendo fra loro per attingere a pochi fondi, e facendo spesso leva sul volontariato.

Ad ogni femminicidio l’indignazione, la rabbia, gli sfoghi, non bastano più: si chiede concretezza, si chiede un cambio di passo. E allora nei discorsi pubblici, dell’opinione pubblica, dei politici, spunta sempre più spesso una parola: educazione. Si chiede educazione affettiva, sessuale, di genere perché le donne e le ragazze uccise da compagni, mariti, ex, lo sono tutte per mano di maschi. Nel discorso sulla violenza sulla donne il problema sono gli uomini.
A ricordarlo nuovamente c’è voluto un altro femminicidio – siamo a 106 nel 2023 – crudele per l’età delle persone coinvolte: Giulia, 22 anni uccisa a coltellate dal ragazzo con il quale aveva deciso non volere più una relazione. Sullo sfondo bisogno di controllo, invidia, non accettazione di una libertà che la studentessa di ingegneria, aspirante illustratrice di libri per bambini, desiderava lontano da lui.
E così si invoca un tipo di educazione, che interessi prima di tutto proprio i maschi, i maschi giovani, che frequentano le scuole, che si approcciano alle prime esperienze amorose e affettive con l’altro sesso, ma che allo stesso tempo parli anche alle ragazze dei pericoli, di come capire quando un rapporto non è alla pari ma è possesso.

Oggi tutto questo è una mancanza che non può più passare inosservata. Tant’è che pure il governo di Giorgia Meloni, da sempre restio a inserire questo tipo di educazione nelle scuole, ora parla timidamente dell’argomento, anche se con proposte che lasciano molti insoddisfatti e con l’intenzione di portare dei progetti pilota: di una legge non si parla. Il ministero dell’Istruzione a giorni dovrebbe presentare il progetto “Educare alle relazioni”, al momento si sa solo che si tratta di “gruppi di discussione” alla presenza dei professori, in orario extrascolastico, non certo un piano strutturato. L’opposizione, per voce di Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, invece chiede una legge bipartisan, con lei anche il Movimento Cinque Stelle. 

L’educazione sessuale infatti in Italia non è obbligatoria, a differenza di altri Paesi europei: ad esempio in Francia lo è dal 1998, in Danimarca dal 1970 e in Germania dal 1968. L’Italia è in compagnia di altri quattro paesi in Europa: Bulgaria, Cipro, Lituania e Romania. Sedici proposte di legge dalla metà degli anni Settanta ad oggi e nessuna che sia riuscita a raggiungere l’approvazione.

Così il mosaico di chi prende in mano la situazione nel vuoto legislativo riguarda tante realtà che sul territorio, a modo loro e in maniera diversa, che cercano di approdare nelle scuole per parlare di queste tematiche: ci sono Centri antiviolenza, consultori, gruppi femministi, associazioni cattoliche ed Lgbt. Un quadro variegato in una realtà senza regole e lasciata alla volontà dei singoli.

Se educazione sessuale e di genere riesce ad arrivare sui banchi delle scuole spesso è infatti merito dei dirigenti scolastici attenti alla questione, di qualche docente che di sua iniziativa porta una proposta al consiglio scolastico; dall’altra parte la voglia dei giovani studenti di saperne di più è alta, è una domanda che resta insoddisfatta e che lascia un vuoto non solo educativo e sentimentale, ma anche su argomenti sanitari come possono essere le informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili, contraccettivi, gravidanze indesiderate.

Chi la fa
Chi sono dunque gli attori in campo che cercano di spartirsi quella piccolissima torta che oggi è l’educazione sessuale, affettiva e sentimentale nelle scuole italiane? C’è chi se ne occupa da almeno un paio di decenni, portando con sé l’insegnamento del femminismo storico di cui è stata protagonista. Monica Lanfranco è una di queste personalità:  formatrice di lungo corso, va nelle scuole, si confronta con studenti e in…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

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Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.